I giochi olimpici antichi erano dei sacri giochi dedicati a Zeus, un vero e proprio rito in suo onore per cui era proibito uccidere durante i giochi, perché Zeus odiava i sacrifici umani. Secondo il mito fu proprio dalla stirpe di Zeus che vennero i fondatori dei giochi più praticati e amati della storia.
Primo fra tutti il leggendario sovrano che diede nome al Peloponneso: Pelope, figlio di Tantalo figlio di Zeus. Amato dagli dei, il giovane Pelope fu coppiere di suo zio, Poseidone, dio del mare, dei terremoti e dei cavalli. Venne il giorno in cui Pelope si innamorò di una fanciulla dalla bellezza straordinaria: Ippodamia, figlia di Enomao re della città greca di Pisa. Enomao era figlio del dio Ares che gli aveva donato delle cavalle veloci come il vento, estremamente geloso il re di Pisa sfidava in una gara di corsa su biga tutti i pretendenti facendo salire sul loro carro la splendida figlia distraendoli mentre Enomao faceva un sacrificio a Zeus prima di partire. Appena raggiungeva l'avversario il re lo trafiggeva con una lancia e gli tagliava la testa. Quando Pelope sfidò Enomao già tredici teste ornavano i bastioni del palazzo di Pisa.
Pelope chiese a Poseidone dei cavalli che potessero vincere le cavalle di Ares. Oltre a questo dono Pelope si assicurò l'aiuto del auriga di Enomao, Mirtillo figlio di Ermes dio dei ladri e degli imbrogli. Mirtillo odiava il suo padrone e fu ben lieto di tradirlo.
Durante la gara non solo i cavalli di Poseidone si dimostrarono più veloci delle giumente di Ares ma il sabotaggio di Mirtillo causò la rottura del carro di Enomao che si ritrovò impigliato nelle redini delle cavalle del suo divino padre morendo dopo essere stato trascinato allungo. Fu così che Pelope sposò Ippodamia e divenne re di Pisa, uno dei sovrani più potenti del suo tempo.
In onore di quella grande vittoria egli istituì i giochi olimpici in onore di Zeus e della sua vittoria.
Altri figli di Zeus però lavorarono alla realizzazione di questa eredità, tra cui il possente Eracle.