Lettor oggi è il giorno in cui si ricorda quando l'Italia passò dal Regno alla Repubblica. Era il 1946 e l'Italia era appena uscita da una delle più grandi e devastanti guerre che la storia umana abbia mai conosciuto. Questo referendum fu organizzato in maniera particolare: benché potessero votare anche le donne e venisse declamato come il primo referendum a suffragio universale della storia italiana, universale non lo fu per niente. Vennero esclusi dal voto i cittadini residenti nei possedimenti italiani in Libia, nel Alto Adige e nel Venezia Giulia. Si intendeva farli votare in un secondo tempo, ma non se ne fece più nulla.
Per contenere eventuali ritorsioni o disordini venne formata una polizia speciale formata principalmente da ex partigiani mentre i carabinieri presidiavano gli scrutini.
Il 5 giugno sembrava che la Monarchia fosse in procinto di vittoria, in effetti de Gasperi diede questa notizia a Re Umberto II, affermazione che sembrava confermata dalle osservazioni dei Carabinieri, il tutto mentre il dittatore comunista Tito minacciava l'invasione in caso di vittoria monarchica.
Nella notte tra il 5 e il 6 giugno avvenne l'impennata di voti che portò la Repubblica in netto vantaggio.
Alla fine
12717923 voti furono a favore della Repubblica mentre
10719284 a favore della Monarchia, considerando i cittadini esclusi dalla votazione, il numero di voti risulta superiore a quello dei votanti, i ricorsi contro quest'anomalia non furono mai presi in considerazione.
Si comunicò ufficialmente che la Repubblica sarebbe stata proclamata il 18 giugno, cosa mai avvenuta effettivamente.
In moltissime città italiane scoppiarono delle vere e proprie rivolte contro gli abusi con cui la votazione era stata condotta, venendo prontamente stroncate dalla polizia speciale di ex partigiani. A Napoli vi furono delle violenze particolarmente gravi.
Benché non avesse né la legge né la ragione contro Umberto II re d'Italia decise di risparmiare al nostro popolo una nuova guerra civile che sembrava ormai imminente partendo volontariamente per l'esilio, come fu per l'Imperatore Carlo I d'Asburgo. Ti lascio il suo ultimo proclama per farti riflettere Lettor.... chi ha davvero il diritto di decidere Lettor?
"In questa agitata atmosfera, il consiglio dei ministri, la notte dal 12 al 13 giugno 1946, su proposta di Pietro Nenni, elaborata con l'ausilio dei colleghi Bracci e Molè " , stabilisce illegalmente, senza attendere la pronuncia definitiva della Cassazione, che i poteri del Re erano ormai passati al presidente del consiglio Alcide De Gasperi, quale capo provvisorio dello Stato.
Tutte queste poco edificanti vicende sono raccontate più o meno ampiamente nelle varie fonti già da noi più volte citate .
Il quotidiano Die Tat di Zurigo, scrisse in proposito:
Quale che sia la situazione giuridica, la intempestiva proclamazione della repubblica da parte del governo, che non ha voluto pazientare fino alla seduta conclusiva della Suprema Corte di Cassazione", fa apparire " ... quasi che il governo avesse una cattiva coscienza di fronte ai reclami monarchici e perciò abbia voluto prevenire la decisione della Corte Suprema. Ma anche se questa ipotesi non rispondesse al vero, il governo avrebbe dovuto per lo meno farsi guidare dal principio: evitare anche l'apparenza del male" .
Il Times commentò: " Il Governo italiano si è cacciato con le sue mani in una, situazione imbarazzante. Esso deve essere biasimato per l'affrettata proclamazione ".
I vari autori italiani che si sono interessati di quegli eventi, li stigmatizzano. Citiamo per tutti quanto ha scritto in proposito Luigi Barzini jr., poi deputato al parlamento: " I ministri nella notte tra il 12 e 13 giugno precipitarono le cose. Nominarono Da Gasperi capo provvisorio dello stato e dichiararono decaduto Umberto. Non attesero il regolare passaggio dei poteri che avrebbe fatto della repubblica italiana, la sola, nella storia, creata legalmente per decreto reale. La decisione permise ad Umberto di partire senza abdicare, di pubblicare un proclama di protesta e di conservare il titolo di Re. Che qualcosa di irregolare fosse accaduto quella notte è forse confermato da poche righe, quasi invisibili, pubblicate più tardi dalla Gazzetta Ufficiale. Nel decreto con cui si passano i poteri a De Nicola, si affermava che De Gasperi li deteneva dal 18 giugno 1946, dal giorno cioè della seconda e definitiva seduta, dal giorno che Umberlo credeva fosse suo dovere aspettare, e non dal 13 giugno.
Il colpo di stato del governo è riconosciuto quindi implicitamente dalla stessa Gazzetta Ufficiale della repubblica.
Il Re Umberto II, al " gesto rivoluzionarlo del governo " rispose lasciando l'Italia, per amor di Patria, e indirizzando al popolo il proclama, che qui integralmente riportiamo. La nobiltà del sacrificio è pari alla severità della condanna:
ITALIANI!
Nell'assumere la Luogotenenza Generale del Regno prima, e la Corona poi, lo dichiarai che mi sarei inchinato al voto del popolo, liberamente espresso, sulla forma istituzionale dello Stato. E uguale affermazione ho fatto subito dopo il 2 giugno, sicuro che tutti avrebbero atteso le decisioni della Corte Suprema di Cassazione, alla quale la legge ha affidato il controllo e la proclamazione dei risultati definitivi del referendum.
" Di fronte alla comunicazione di dati provvisori e parziali fatta dalla Corte Suprema; di fronte alla sua riserva di pronunciare entro il 18 giugno il giudizio sui reclami e di far conoscere il numero dei votanti e dei voti nulli; di fronte alla questione sollevata e non risolta sul modo di calcolare la maggioranza, io, ancora ieri, ho ripetuto che era mio diritto e dovere di Re attendere che la Corte di Cassazione facesse conoscere se la forma istituzionale repubblicana avesse raggiunto la maggioranza voluta.
" Improvvisamente questa notte, in spregio alle leggi ed al potere indipendente e sovrano della Magistratura, il govermo ha compiuto un gesto rivoluzionario assumendo, con atto unilaterale ed arbitrario, poteri che non gli spettano e mi ha posto nell'alternativa di provocare spargimento di sangue o di subire la violenza.
ITALIANI1
Mentre il Paese da poco uscito da una tragica guerra vede le sue frontiere minacciate e la sua stessa unità in pericolo, io credo mio dovere fare quanto sta ancora in me perché altro dolore ed altre lacrime siano risparmiati al popolo che ha già tanto sofferto.
" Confido che la Magistratura, le cui tradizioni di indipendenza e di libertà sono una delle glorie d'Italia, potrà dire la sua libera parola; ma, non volendo opporre la forza al sopruso, né rendermi complice della illegalità che il governo ha commesso, lascio il suolo del mio Paese, nella speranza di scongiurare agli italiani nuovi lutti e nuovi dolori.
" Compiendo questo sacrificio nel supremo interesse della Patria, sento il dovere, come Italiano e come Re, di elevare la mia protesta contro la violenza che si è compiuta; protesta nel nome della Corona e di tutto il popolo, entro e fuori i confini, che aveva il diritto di vedere il suo destino deciso nel rispetto della legge, e in modo che venisse dissipato ogni dubbio e ogni sospetto.
Il Re Umberto II, al " gesto rivoluzionarlo del governo " rispose lasciando l'Italia, per amor di Patria, e indirizzando"A tutti coloro che ancora conservano fedeltà alla Monarchia, a tutti coloro il cui animo si ribella all'ingiustizia, io ricorda il mio esempio, e rivolgo l'esortazione a voler evitare l'acuirsi di dissensi che minaccerebbero l'unità del Paese, frutto della fede e del sacrificio dei nostri padri, e potrebbero rendere più gravi le condizioni del trattato di pace.
Con l'animo colmo di dolore, ma con la serena coscienza di aver compiuto ogni sforzo per adempiere al miei doveri, io lascio la mia terra. Si considerino sciolti dal giuramento di fedeltà al Re, non da quello verso la Patria, coloro che lo hanno prestato e che vi hanno tenuto fede attraverso tante durissime prove. Rivolgo il pensiero a quanti sono caduti nel nome d'Italia e il mio saluto a tutti gli Italiani. Qualunque sorte attenda il nostro Paese, esso potrà sempre contare su di me come sul più devoto dei suoi figli.
" Viva l'Italia
Umberto II di Savoia, Re d'Italia