Rufio entrò nella caserma trafelato e venne accompagnato dal centurione. Longino si svegliava sempre molto presto per una corsa insieme alla truppa. Rufio vide il suo comandante nel cortile e si avvicinò per parlargli.
"Rufio- lo salutò il centurione ansimando- bentornato. Com'è andata la tua missione?"
"È stato arrestato dai Giudei... credo che vogliano ucciderlo."
"E allora?"
Rufio osservò il suo comandante e cominciò a chiederselo. E allora?
"Centurione... quell'uomo non lo merita."
Rufio raccontò al centurione ciò che aveva visto e ascoltato nei giorni in cui aveva seguito quel Gesù. Ad un certo punto uno dei servi del procuratore entrò nella caserma chiedendo una scorta. A quanto pareva i membri del Sinedrio si erano radunati davanti alla casa di Pilato e sembravano nervosi.
"Quando mai si è visto un Giudeo tranquillo?- disse Longino- va bene andiamo."
"Centurione permettimi di venire!"
"Non se ne parla- disse Longino- sei evidentemente stanco e..."
"Signore... chi tra noi conosce i Giudei, i loro costumi e le loro paure? Per favore... io so cosa sta succedendo e se..."
"Basta- disse Longino sospirando- in uniforme e poi con me! Ma se la cosa non riguarda quell'uomo che hai osservato dovrai rimanere in silenzio con il questore!"
Rufio accettò e si rivestì da legionario dell'Impero Romano, si sentì nuovamente un uomo libero.
I soldati romani si avviarono verso la casa del procuratore vedendo con orrore la folla inferocita che si era radunata.
Gli uomini di Longino si schierarono davanti alla casa del procuratore.
Lo studio del procuratore era un luogo molto solenne ma allo stesso tempo sobrio per un uomo del rango di Pilato. Lo vide seduto alla sua scrivania e il Nazzareno in piedi davanti a lui.
"Allora- stava dicendo Pilato- tu sei Re, di un regno che non è di questo mondo. Hai un grande esercito che non ha impedito il tuo arresto perché non è di questo mondo. Mi dici che senso ha tutto questo?"
Il Nazzareno rimaneva in silenzio, non aveva l'aria di uno sconfitto o di uno spavaldo, sembrava rassegnato.
Longino si avvicinò a procuratore Pilato e gli disse qualcosa. Intanto Rufio incorciò lo sguardo con Gesù. Sembrava sapere esattamente cosa stava succedendo, più di chiunque altro.
"Rufio" disse Longino richiamando l'attenzione del legionario. Il procuratore osservava il legionario in attesa di risposte.
Il soldato sospirò e disse: "Quest'uomo non è un criminale, ma un Rabbì, un Maestro che insegna le Scritture del suo popolo."
"E perché, secondo te legionario Quinto Rufio, il Sommo Sacerdote lo ha condannato a morte?" chiese il procuratore.
"Credo che siano invidiosi perché è molto popolare e il popolo lo rispetta più dei sacerdoti."
"Quindi è pericoloso?"
"No procuratore! Non ha soldati, nessun guerriero e nemmeno il denaro per acquistare armi e assoldare mercenari. È un maestro della sua religione, non un sobillatore, ha anche detto alla sua gente che è giusto pagare le tasse a Cesare."
"Dicono l'esatto contrario là fuori!"
"Procuratore... hanno mentito! Quest'uomo è innocente."
Pilato tornò a sedersi e guardò esasperato il prigioniero.
"E tu? Cos'hai da dire? Non hai nulla da rispondere su ciò di cui ti accusano?"
Gesù, rimanendo calmo come sempre rispose: "Io ho sempre parlato a tutti con semplicità e chiarezza. Ho sempre parlato per la verità. Chiunque segua la verità ascolta attento la mia voce."
"La verità?- disse Pilato- La verità, la verità... che cos'è la verità?"
Il Nazzareno non rispose.
Pilato si alzò e andò fuori per rivolgersi alla folla.
Rufio rimase nell'edificio a sorvegliare il prigioniero. Non parlava, non osservava niente e nessuno, sembrava che stesse pregando.
Poco dopo Pilato tornò nella sala.
"Molto bene! Guardie, prendetelo e portatelo al palazzo del tetrarca!"
Rufio osservò il procuratore con uno sguardo sorpreso.
"È un Galileo, e perciò suddito di Erode Antipa. È a lui che spetta giudicare quest'uomo."
Voleva evitare di esporsi e passava la rogna al tetrarca.
Gesù fu inviato dal tetrarca e Rufio alla caserma. Aveva bisogno di riposare, più di quanto credesse. Non riuscì a dormire e nemmeno a mangiare.
Decise di uscire dalla caserma e di respirare un po' d'aria fresca. Erano passate alcune ore e la gente ancora era letteralmente accampata davanti al tribunale.
Ad un certo punto le guardie del procuratore arrivarono alla caserma portando Gesù con un mantello rosso.
"Cosa ci fa qui?" chiese Rufio ad uno dei soldati.
"Erode Antipa lo ha rimandato da Pilato, a quanto pare si stanno scambiando di continuo questa tazza di aceto- disse la guardia- perciò il procuratore ordina di farlo percuotere in quanto sobillatore, poi lo lascerà andare."
Gesù fu portato dentro la caserma e il legionario fu angosciato perché sapeva fin troppo bene cosa lo aspettava. Longino non ebbe intenzione di farlo rimanere a sorvegliare il prigioniero, lo mandò insieme alle guardie che sorvegliavano il tribunale.
Quando fu più o meno l'ora quinta Gesù fu riportato presso il procuratore e al cospetto del Sommo Sacerdote. Rufio non credeva ai suoi occhi: era stato massacrato, grondava sangue e sul capo aveva una corona di spine, il mantello rosso lacerato. Rufio guardò Diogene che stava letteralmente trascinando quell'uomo. Come aveva potuto permettere che una punizione diventasse un massacro?
Pilato si rivolse al popolo e disse: "Nobilissimo Caifa, Sommo Sacerdote e voi tutti illustri membri del Sinedrio, mi avete portato quest'uomo per farmelo esaminare, io l'ho sottoposto al giudizio del tetrarca Erode Antipa, sovrano di Galilea. Entrambi non abbiamo trovato nessuna colpa in lui oltre che l'aver insultato la vostra autorità. Quindi l'ho fatto punire per questo e ora lo libererò, come prevede la legge!"
Il Sommo Sacerdote gridò contro Pilato: "Non puoi farlo! Noi lo abbiamo già condannato a morte e merita la crocifissione!"
Pilato era un politico astuto e non voleva sangue innocente sulle mani, perciò aveva già in mente una soluzione. Era tradizione che, a Pasqua, le autorità romane rilasciassero un prigioniero scelto dal popolo, Pilato fece perciò convocare un assassino, Rufio lo conosceva bene: si chiamava Barabba, un assassino.
"Dunque Giudei, chi volete che vi rilasci? Barabba, oppure Gesù detto il re dei Giudei?"
La folla iniziò a gridare il nome di Barabba, sobillata dai sacerdoti e dagli altri membri del Sinedrio.
"Giudei, cosa devo fare quindi, con questo Gesù?" chiese Pilato.
"Crocifiggilo!" iniziarono ad urlare alcuni, seguiti dal resto del popolo.
"Giudei... devo crocifiggere il vostro re?"
"Noi non abbiamo altro re se non Cesare!" risposero i sacerdoti.
"Ma cosa vi ha fatto di male?"
Pilato non era il solo a chiederlo. Rufio non riusciva a capire. Cosa aveva fatto di male?
"Va bene! Ma il suo sangue non deve ricadere sulle mie mani! Me le lavo le mie mani, perché non sono responsabile della morte di quest'uomo."
"Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli! Crocifiggilo!" dissero gli uomini della folla. Pilato si fece portare una bacinella d'acqua e si lavò le mani. Si lavò le mani di quel sangue.
Longino prese il prigioniero con i suoi uomini portandolo verso il colle del teschio.
Rufio si avviò verso la caserma, non poteva fare più niente per lui.
Nessuno gli disse nulla, rimase in silenzio aspettando. Non sapeva cosa, ma aspettava.
Ad un certo punto decise di salire sul colle del teschio. Era quasi l'ora nona.
Quando Rufio arrivò in cima al colle vide Gesù messo in croce insieme ad altri due, dei ladri come dicevano i cartelli posti sulle croci, ma sulla sua croce il cartello diceva che quello era "Gesù di Nazaret, re dei Giudei", così Pilato si era vendicato di Caifa.
Alcune donne stavano piangendo ai piedi della croce, Longino le osservava commosso.
Gesù stava dicendo qualcosa. Rufio riuscì solo a comprendere la parola "Padre". Un vento forte iniziò a soffiare e a portare una grande nube nera che oscurò il cielo.
Poi Gesù gridò e la terra iniziò a tremare. Poi lui spirò e tutto fu di nuovo fermo.
Era incredibile che fosse già morto, soprattutto con le gambe ancora intatte, di solito ci volevano anche giorni, a meno che le gambe non venissero rotte perché il condannato soffocasse in breve tempo. Lui era morto in meno di tre ore. Il centurione Longino prese una lancia e trafisse il costato di Gesù. Era morto veramente.
Mentre iniziavano a mettere giù il corpo Longino si avvicinò a Rufio, aveva un'aria abbattuta.
"Avevano ragione- disse il centurione- quest'uomo era veramente figlio di Dio!"