Eneide, I
Come iniziò tutto questo? Io non lo saprei raccontare in ogni singolo dettaglio, persino io che ho vissuto tutto questo non colgo certi particolari... eppure ti so dire che, 2768, ormai quasi 69 anni fa, dalla mia opera e dal sangue di mio fratello iniziava qualcosa di eterno.
Una storia che inizia molto tempo prima della mia nascita; in un'epoca tanto antica da essere oscurata dalle leggende, Dardano, figlio di Giove Summano, partì dalle sue terre natie, in Italia, e si diresse in oriente dove divenne principe di una grandiosa e ricca città che in seguito si sarebbe chiamata Troia. Dalla stirpe di Dardano discese il fortunato Anchise che, con la dea Venere, generò Enea. Dopo la caduta di Troia ad opera degli Achei Enea riportò la sua gente nella terra d'origine del suo glorioso avo e qui suo figlio Ascanio, padre dei miei padri, fondò una nuova città che chiamò Alba Longa. Se solo l'avessi vista anche tu quando era al culmine della sua gloria: le mura di Alba Longa erano possenti, le sue porte di bronzo da sole valevano quanto il tesoro degli Argivi e il palazzo del re, quella grande casa bianca circondata dai cortili in cui i miei avi aveano piantato dei magnifici alberi di fico che davano dei frutti dolcissimi. Alba Longa era una città ricca e prospera, i suoi mercati erano il centro di tutti i commerci e i traffici tra il nord e il sud, tra i Latini e i Sabini, persino i locumoni etruschi mandavano doni e omaggi al re di quella città e l'esercito del nostro popolo era numeroso e fortissimo. Alba Longa era potente e il Lazio era sotto il suo dominio.
Un regno potente però è sempre in pericolo, credimi io lo so meglio di chiunque altro... infatti quando il mio bisnonno Proca era re dei Latini di Alba Longa accadde una grave disgrazia; il re ebbe due figli.
Il maggiore era mio nonno Numitore, un principe forte, intelligente e rispettoso degli dei e di suo padre, il minore, mio zio Amulio, era un uomo astuto, ambizioso e molto determinato.
Re Proca era fiero di entrambi i suoi eredi, ma passava giorni interi nell'angoscia, tra i giardini della sua villa a riflettere e ponderare.
"Padre- chiese un giorno Numitore al re seduto su una pietra nel suo giardino- stai bene?"
"Dimmi per favore... chi sono io?" disse re Proca.
Numitore rimase perplesso da questa domanda, rifletté prima di rispondere: "Tu sei il re dei Latini Proca il grande!"
"Chi sono io per te!" disse Proca sembrando seccato.
Numitore osservò bene quel uomo piegato su sé stesso, calvo e con una barbetta bianca che gli scendeva dal mento. Era davvero vecchio ma era la prima volta che sembrava debole.
"Tu sei mio padre!" disse il principe Numitore.
"E ti fidi di tuo padre?"
"Certo che mi fido di te... perché non dovrei?"
Proca si alzò in piedi e osservò suo figlio.
"Sono terrorizzato... perché ho due figli..."
"Padre.... cosa stai dicendo?"
"Che tu e Amulio siete entrambi eredi al trono e questo è sempre un pericolo per un Paese..."
"Padre... credi davvero che uno dei tuoi figli potrebbe uccidere suo fratello per una corona?"
"Non sottovalutare la superbia... Numitore, figlio mio, non sottovalutare mai le insidie del potere; il sangue non ha valore per qualcuno che cede alla sua tentazione."
"Padre... vuoi dirmi che tu... non ti fidi di me?" chiese Numitore.
"Io di te mi fido... ma di tuo fratello no! Non mi fido di mio figlio Amulio su questo... temo che quando me ne sarò andato, se lascio che tu divenga re di Alba Longa tuo fratello potrebbe portare il regno alla guerra civile pur di prendere il tuo posto... perciò ho preso una decisione... qualcosa che forse vi placherà..."
"Padre... ma cosa dici?"
Proca si era già allontanato. Numitore non poté fare altro che seguirlo fino al tempio di Giove che era collocato poco lontano la dimora del re. In quel palazzo, sotto gli occhi del re degli dei, si riuniva il consiglio degli anziani che governavano Alba Longa insieme al re. Numitore vide suo fratello e un gruppo di suoi amici e sostenitori presso il consiglio che si avvicinavano a suo padre per omaggiarlo. Amulio salutò suo fratello con gentilezza, ricevendo da lui la stessa cortesia. Erano sinceri, Numitore e Amulio erano sempre stati ottimi fratelli, ma Numitore non aveva ancora compreso l'abisso che si era aperto nel cuore di suo fratello.
"Figli miei, saggi del mio regno- proclamò re Proca- vi ho riuniti qui per annunciare la mia decisione più importante... il mio decreto massimo. Non posso negare ormai di essere vecchio e di sentire già il richiamo dell'Averno ormai imminente per me e siccome ho due figli... di cui sono fiero, ho deciso di dare loro pari dignità nella mia successione perciò io divido la mia eredità in due parti: una è la mia ricchezza e tutte le mie fonti di guadagno e di reddito, l'altra è il potere e il diritto di regnare su Alba Longa e su tutto il suo regno. I miei figli sceglieranno liberamente come spartirsi questo retaggio; affinché nessuno dei due invidi l'altro io lascio loro tutto ciò che possiedo in egual misura... figli..."
re Proca rivolse la mano verso Numitore e Amulio. Il maggiore era paralizzato... suo padre doveva essere impazzito.
"Io scelgo la ricchezza" disse Amulio per poi osservare suo fratello con un sorriso di incoraggiamento.
"Amulio, figlio mio, ne sei certo?" chiese re Proca.
"Sì padre, io non sono in grado di regnare sul nostro popolo, perciò accetterò di prendere le tue ricchezze come eredità e di lasciare i tuoi titoli e i tuoi poteri a quel tuo figlio che è davvero in grado di reggerne il peso" disse Amulio ricevendo un'acclamazione dagli anziani della città.
Proca si rivolse a Numitore il quale, dopo aver riorganizzato le proprie idee, esclamò: "Sia così padre, accetto la tua volontà e la proposta di mio fratello."
Proca si alzò dal suo alto trono e disse a tutti i presenti: "Al cospetto di Giove, degli dei tutti che ognuno sia testimone; di comune accordo qui è stato deciso che, quando i miei giorni arriveranno alla fine, mio figlio Amulio erediterà tutte le mie ricchezze, tranne la mia casa che dovrà essere abitata da suo fratello, mio figlio Numitore, che diventerà.... re dei Latini di Alba Longa."
Ecco come mio nonno Numitore ottenne il diritto di regnare sulla città di suo padre.
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