Appena uscito dall'emporio Carlo si diresse verso la strada di casa con la sua spesa: formaggio grana grattugiato e due confezioni di sfoglia velo per il pasticcio di radicchio che sua madre avrebbe preparato per il giorno dopo, il giorno di Natale.
Una vigilia serena, bella e tranquilla.
Carlo sollevò lo sguardo e vide qualcosa che non si aspettava: un pappagallo, verde e con delle macchie rosse sugli occhi che volava tra le case.
"Ma cosa ci fa un pappagallo in Veneto?" pensò Carlo.
"Un randagio...povera bestia" disse una voce accanto a lui.
Carlo si voltò di scatto e vide con sorpresa un uomo con il suo stesso volto e gli occhiali da sole.
"Ma che...?"
"Non ricordi?"
A Carlo tornò in mente il Narratore che gli aveva promesso di tornare.
"Era un bel po' che non ti si vedeva" disse Carlo.
"Ho avuto molto da fare e anche tu."
"Beh...tanti auguri!"
"Grazie. Pronto per il capitolo finale di questa storia?"
"Veramente..." prima di poter dire qualcos'altro Carlo si rese conto di essere in mezzo ad un territorio desertico, anche se non proprio caldo. Si vedevano delle macchie di verde a distanza ed era quasi il tramonto.
"Dove siamo?"
"Dove sei tu devi dire! Comunque lo saprai abbastanza presto. Intanto dimmi: che cosa hai imparato dalle storie che ti ho fatto raccontare?"
"Imparato? Erano storie che conosco molto bene e avevano la loro morale, il loro valore..."
"Eppure non hai agito come tale, non sembri aver colto il loro messaggio...ma vedremo se adesso sarà possibile per te cogliere davvero qualcosa."
"Verrai con me?"
"Certo...questa è la storia per eccellenza: fine e principio. L'hai sentita per tutta la tua vita, innumerevoli volte, e adesso vedremo se la saprai riconoscere. Dobbiamo andare di là, verso nord!"
Il Narratore indicò una direzione e si incamminò.
"Mi dici dove siamo per favore?"
"Ci sei già stato qui. È la terra di Giudea, governata dal re Erode il Grande. Di là, ad Occidente, il grande Impero Romano sta prendendo il comando del Mare Interno con Ottaviano Augusto che getta le basi che Cesare ha sognato per il futuro. Ad Oriente il Gran Re dei Parti domina un potente popolo pronto ad ostacolare l'avanzata di Roma. Qui, nel mezzo, sta per venire qualcuno che li vincerà e li salverà tutti."
Dopo il racconto del Narratore Carlo sollevò lo sguardo e vide qualcosa, ben lontano dal Sole ormai rosso, dietro alle nuvole nell'azzurro scuro c'era una stella che brillava più di tutte le altre.
"Mi stai dicendo che quella è...?"
"Sì Carlo. Noi siamo diretti sotto quella stella e farai meglio a tenere il passo."
Era difficile perché il Narratore camminava molto velocemente.
"Ma sei sicuro che passeremo inosservati?" chiese Carlo.
"Quando saremo sotto la stella ci sarà uno spettacolo ben più grande da vedere e nessuno guarderà i tuoi abiti o i tuoi occhiali."
"Ma tu mi stai prendendo in giro? Siamo davvero al primo Natale?"
"Visto come sono arrivato da te la prima volta posso capire che tu abbia qualche dubbio ma ti assicuro che non ho intenzione di scherzare con te. Adesso muoviti!"
"Puoi rallentare per favore?"
"No! Non dobbiamo perdere tempo e poi così magari calerai un po' quella pancia!"
Camminarono per diverse ore vedendo diverse carovane composte da uomini e donne di tutte le età che tiravano cammelli e asini carichi di diversi bagagli e passeggeri. Carlo rimase estasiato alla vista di alcuni uomini a cavallo con mantelli rossi e pennacchi sugli elmi.
"Quelli sono..."
"Sì! Romani, soldati del Grande Impero che stanno agendo per controllare la frontiera e fare sì che ovunque sia fatta la volontà dell'Imperatore."
"Ma è magnifico...veri cavalieri e veri...."
"MUOVITI!"
Carlo si scosse ricominciò a correre raggiungendo il suo accompagnatore.
"Lo so che la storia di quegli uomini è la tua passione, ma tra poco vedrai qualcosa di molto più importante, qualcosa di magnifico."
"Credi che non lo sappia? Ma cosa vedremo se...?"
"Guarda lì invece di parlare!"
Carlo vide una grossa carovana con tre vessilli che portavano il simbolo di tre nobili, tre principi importanti dell'Oriente. Uomini saggi e molto potenti che seguivano quella stella molto più luminosa di tutto il firmamento.
Erano molto lontani e presto li persero di vista, da lontano si vedevano delle luci: ormai l'oscurità era quasi del tutto calata.
"Quella è Betlemme?"
"Esatto, anche se molto diversa da quella che conosci, quella che hai visitato nel tuo presente. Anche oggi si può dire che ha visto tempi migliori, ma nessun momento paragonabile a questa notte. Guarda lassù! Sulla collina!"
A poca distanza dalla città, sulla campagna, alcuni uomini stavano guardando in alto, verso il cielo. Erano illuminati come se il Sole stesse ancora brillando su di loro.
"Chi sono loro?"
"I pastori, gli umili, gli ignoranti, i pezzenti. Nella tua epoca li chiamerebbero i falliti. Coloro a cui è destinato il Salvatore che oggi sta nascendo: il Messaggero è andato a dir loro cosa sta per accadere e di andare alla grotta. Ci arriveremo giusto in tempo."
La grotta di Betlemme. Stavano andando proprio lì e non erano i soli.
"Sai che la grotta in cui quella famiglia si è rifugiata è parte di una casa? In quest'epoca la casa è divisa in alloggi e stalla che ospita gli animali e gli alti beni della famiglia. Quando serve questa ospita anche gli ospiti e i rifugiati. Maria e Giuseppe non sono stati rifiutati, sono stati accolti molto generosamente. Almeno quanto quel dono che stanno per ricevere."
Carlo osservò la casa che il Narratore stava indicando. Diverse persone stavano arrivando intorno ad essa e si raggruppavano mentre si udivano i versi di un bambino appena nato che assaporava l'aria per la prima volta.
"Posso?" chiese Carlo.
"Non dare nell'occhio però" rispose il Narratore con un ghigno.
Carlo si avvicinò e si fece spazio tra i pastori, le donne e i bambini che osservavano quella scena.
Un uomo alto e forte con una folta barba nera proteggeva una piccola donna molto giovane, bella e dall'aria stanca ma con un'aria così felice e amorevole davanti al bimbo che giaceva in una mangiatoia al centro della stalla.
Carlo riconobbe i tre uomini che aveva visto a capo della carovana nel deserto: erano prostrati al cospetto del bimbo. Aprirono tre scrigni e mostravano i loro doni.
"A questo bambino io porto in dono l'oro perché è il vero Re del mondo" disse il primo.
"A questo bambino porto in dono l'incenso che, se bruciato, emana l'aroma delle preghiere degli uomini. Segno del fatto che lui è il figlio di Dio" disse il secondo.
Il terzo fece un sospiro e disse: "A questo bambino io porto in dono la mirra, che protegge dalle malattie e rende sani i corpi. Per rendere onore al suo dono e al suo sacrificio."
Il bambino sembrò sorridere.
Carlo chiuse gli occhi e li riaprì nel deserto: stesso posto e tempo in cui era iniziato il viaggio.
"Ma cosa...?"
"Spero davvero che tu abbia imparato qualcosa questa volta" disse il Narratore.
"Grazie...io...io cercherò di ricordare il vero significato di questa storia. Ma...ma tu...chi sei?"
Il Narratore sorrise. Era strano per Carlo vedere il suo stesso voltò sorridergli. Lentamente il Narratore si tolse gli occhiali e una luce intensa si propagò intorno ad entrambi.
"Non chi qualcuno potrebbe pensare. Spero davvero che tu possa essere ispirato da ciò che accadde e che accadrà ancora."
"Dove ti trovo se ho bisogno di parlati ancora?"
"Dove mi trovano tutti caro Carlo. Ricorda solo queste parole, quelle che furono pronunciate durante il primo Natale: Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra a tutti gli uomini di buona volontà. Ricorda la storia di quel bambino e ciò che ti può insegnare."
"Ma perché a me?"
"Perché anche tu racconterai questa storia. E buon Natale!"
Carlo chiuse gli occhi e li riaprì in mezzo a quella strada, davanti all'emporio con il sacchetto della spesa in mano. Un piccolo uomo, in un grande mondo con delle storie da raccontare.
"Buon Natale" disse Carlo a chiunque stesse ascoltando o leggendo.