lunedì 28 novembre 2016

Avvento II: il messaggero

Carlo si risvegliò tranquillo, sette e trenta come al solito. Una cioccolata calda e quattro biscotti per colazione, una lavata e poi uscita per una nuova giornata. Cappotto pesante, sciarpa e cappello: il freddo torinese era implacabile.
Appena ebbe chiuso a chiave la porta di casa si voltò e…deserto.
Carlo si trovava in mezzo ad un enorme pianura desertica, il cielo limpido e un caldo soffocante.
“Ben arrivato” disse una voce alle sue spalle. Carlo si voltò e vide un uomo alto e muscoloso con una corta barba bianca e una tunica bianca con mantello verde, abiti tradizionali degli abitanti del Medio Oriente.
“Chi sei?” chiese Carlo.
“Mi chiamo Andrea…e ti racconterò una parte della storia di questi giorni.”
Era stato avvertito, ma quello era molto più incredibile di ciò che aveva immaginato.
“Dove siamo?” gli chiese.
“Questi sono i miei ricordi…del tempo in cui vivevo nella terra di Galilea.”
“Quando è stato?”
“Moltissimo tempo fa. A quei tempi ero ancora un Uomo come lo sei tu adesso. Vieni, ti farò vedere il messaggero di ciò che cerchi.”
Solo in quel momento Carlo si rese conto di indossare degli abiti identici a quelli del suo interlocutore. Dovette fare un piccolo sforzo per stare vicino al suo compagno di viaggio, non gli era facile camminare con quegli abiti.
“Avrei così tante domande da farti- disse Carlo eccitatissimo- in che anno siamo esattamente?”
“Sono passati più di 1830 anni da quando Mosè ha condotto il popolo di Israele fuori dall’Egitto e ora questa terra, la Galilea, è sotto il governo del Tetrarca Erode Antipa che vi regna nel nome di Cesare.”
Era più o meno il 30 d.C., gli anni del Principato di Tiberio e…
“Aspetta… non dirmi che...”
“No! Non sta a me. Io devo portarti da qualcuno che ti racconterà come arrivò” disse Andrea indicando una grotta ai piedi di una rupe. Alcuni uomini erano radunati intorno ad un piccolo falò e attingevano acqua da un ruscello che scorreva vicino al loro campo. Andrea alzò una mano in segno di saluto, gli risposero. Evidentemente lo conoscevano, uno di quegli uomini si alzò e si diresse verso Andrea per dargli il benvenuto. Indossava una specie di pelliccia marrone, aveva una barba e lunghi capelli neri incolti, inoltre era molto più robusto di Andrea anche se con un’aria molto gentile.
“Salve Andrea, com’è andato il viaggio?” chiese l’uomo.
“Benissimo amico mio. Sono molto felice di vederti…spero non ti dispiaccia se ho portato un amico, qualcuno che vorrebbe parlare con te…proprio come me la prima volta che ti vidi.”
Carlo e l’uomo si guardarono per qualche secondo e al primo sembrò che la sua anima venisse sondata da una coscienza molto più profonda di quanto si potesse capire.
“Molto lieto signore” disse Carlo alzando la mano.
Gli fu stretta.
“Tu sia il benvenuto. Vieni, abbiamo poco ma abbastanza” disse l’ospite invitando Carlo ad avanzare fino al cerchio intorno al falò. Erano tutti vestiti come Andrea e il suo amico: erano persone semplici e anche pacifiche.
“Come ti chiami?” chiese l’uomo vestito di pelle marrone dopo essersi seduto a terra. Appena Carlo si fu accomodato a gambe incrociate rispose.
“Il mio nome è Carlo.”
“Non lo avevo mai sentito” disse uno dei presenti.
“Viene da un paese piuttosto lontano, ha fatto un lungo viaggio per trovare la sua strada.”
“Non importa da dove vieni, qui ognuno trova ciò che cerca.”
Carlo sospirò e rifletté per alcuni secondi prima di rispondere.
“Io…vorrei tanto chiederti di raccontarmi ciò che annunci… o meglio perché annunci.”
Andrea fece un cenno di consenso e l’uomo rispose.
“Io annuncio l’arrivo del vero Re dei Re. Era stato predetto dagli antichi profeti che sarebbe giunto un Agnello che avrebbe purificato il mondo intero dai suoi peccati e che ci sarebbero state delle voci oneste che ne avrebbero annunciato l’arrivo.”
“Ma tu chi sei dunque? Sei il Re?”
“No! Egli non sono io!”
“Allora sei un profeta?”
“Neanche questo! Io sono solo quella voce che avverte chi vuole ascoltare che il Signore sta arrivando e niente di più!”
“Questo non dovrebbe essere motivo di orgoglio? Esistono tanti che, pur credendo, invidierebbero molto un tale privilegio.”
“Quale privilegio può esserci per un servo che fa il suo dovere? Il messaggero non ha importanza, solo il messaggio ne ha. Io preparo coloro che vogliono sapere la verità e che potranno riceverla perché ne hanno bisogno.”
“Quindi il messaggio non era per tutti? Lui non venne nel mondo per tutti?”
“Certo che è venuto per tutti, ma non obbliga nessuno a seguirlo. Lui si rivolge ai deboli, agli ignoranti e agli umili. Perché mai un uomo come il re Erode dovrebbe ascoltarlo in fondo?”
“Parli del tetrarca di Galilea?”
“Proprio lui! Ha preso in casa la moglie di suo fratello violando la legge, non rispetta le Scritture, sfrutta i più deboli facendo favori ai suoi familiari e amici ricchi tra i ricchi e ogni giorno Erode mangia quanto basterebbe per vivere un mese. Qualcuno che gode così tanto della sua vita perché dovrebbe ascoltare il messaggio del Messia?”
“Ma qual è questo messaggio?”
Giovanni sospirò.
“Pentirsi delle proprie mancanze- disse- amare Dio sopra ogni cosa, amare il prossimo  più di sé stessi e donare ciò che si ha a chi non ha niente.”
“A questo qualcuno potrebbe obbiettare. Mi spiego: un uomo ricco potrebbe risponderti che tutto ciò che ha lo ha guadagnato onestamente (e magari è vero), che nessuno gli ha regalato nulla, quindi perché dovrebbe farlo lui?”
“Dici bene… gli dirò che questa sarà la prova con cui dimostrerà soprattutto a sé stesso di essere davvero pronto ad entrare nel Regno di Dio.”
Carlo sospirò e abbassò lo sguardo.
“Temo che siano cose in cui la mia gente non crede più” disse.
“Non lo puoi sapere… e anche se così fosse Dio non ha rinnegato noi malgrado le nostre colpe, non rinnegherà nemmeno voi.”
Carlo osservò quel uomo ancora una volta. Aveva davvero un bello sguardo.
Andrea in quel momento sollevò uno spiedino su cui erano conficcate delle locuste che immerse in una ciotola piena di miele.
“Che c’è?- chiese Andrea incontrando lo sguardo di Carlo- Miele selvatico e locuste. Neanche Erode mangia così bene!”
“Tu…hai detto- disse Carlo tornando a rivolgersi al suo interlocutore- che la prova serve per dimostrare il pentimento soprattutto a noi stessi. Cosa vuol dire?”
Quel uomo gli sorrise.
“Lui è venuto nel mondo ad immolarsi per noi, ma se vogliamo purificarci dei nostri peccati e vivere a pieno le nostre vite… prima di tutto dobbiamo perdonare noi stessi. Tu ti sei mai perdonato?”
Carlo non rispose, non poteva a dire il vero e quel uomo lo sapeva.
Andrea si alzò.
“Dobbiamo andare adesso” disse.
Anche tutti gli altri si alzarono.
“Carlo- disse il capo del gruppo prima dei saluti- ricorda che se vivi con sincerità, umiltà, impegno, fede e amore persino la morte non potrà mai farti paura. Questo è il senso della storia che stai ascoltando.”
Carlo strinse la mano di quel uomo.
“Me lo ricorderò per sempre…”
“E ricorda anche che siamo tutti delle voci” disse l’uomo prima di prendere il suo bastone e dirigersi con gli altri verso la valle dove scorreva un grande fiume.
Carlo si voltò verso Andrea.
“Non credo di aver capito” disse sospirando ancora per l’emozione.
“Io ci ho messo tutta la mia vita. Non ti vergognare di questo, ma prendi esempio da chi ha portato il messaggio da cui è derivato tutto ciò che sei” disse Andrea prima di indicare alle spalle di Carlo.
Quando questo si voltò era nel corridoio davanti alla porta di casa, nel suo condominio torinese in una fredda giornata di pioggia.


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