Carlo si sedette al
computer, senza pensare al fatto che insisteva stupidamente a chiamarlo
elaboratore. Era intenzionato a scrivere, non sapeva fare praticamente
nient’altro: inventare, immaginare e intensificare. Il problema veniva quando
doveva raccontare, in un certo senso gli capitava di vergognarsi certe volte di
ciò che gli veniva in mente, eppure tutti coloro che lo conoscevano lo
incoraggiavano ad andare avanti, a produrre e a credere in ciò che faceva.
Nessuno poteva sapere quanto fosse difficile avere un universo nella mente e
non riuscire a condividerlo. Eppure la storia continuava, che Carlo lo volesse
o no.
Mentre Torino si
riprendeva da un periodo piuttosto difficile rieccolo seduto su quella
scrivania nel suo piccolo ma comodo appartamento vicino a Piazza Statuto,
proprio davanti ad una porta per l’Inferno, a cercare di buttare giù un’idea
preannunciata dal formicolio nella testa.
“Quello è il settimo
chakra” gli aveva detto qualcuno tempo prima. Qualunque cosa fosse
preannunciava sempre un’idea. Quel giorno però le parole non venivano, era da
un po’ che non riusciva a richiamarle.
Stava per alzarsi e
andare a fare una camminata per riorganizzare le idee quando Carlo sentì un
tonfo: qualcuno aveva fatto cadere qualcosa dietro la porta accanto alla
scrivania.
“Ma porc… Dov’è la
luce qui?”
“Chi c’è in bagno?”
pensò Carlo spaventato da quell’intrusione.
“E la porta…?”
continuava a dire l’intruso. Sembrava disorientato.
Con una velocità
sorprendente Carlo prese lo sgabello verde che teneva in casa e lo usò per
bloccare la porta appena in tempo perché la maniglia girò senza che lo
sconosciuto potesse aprire.
“Scusa…potresti
aprirmi per favore?”
“Lo faranno i
carabinieri!- disse Carlo cercando il cellulare- Adesso li chiamo e ti faccio
rinchiudere. E dovrai spiegarmi come diavolo hai fatto ad entrare. È tutto il
giorno che sono chiuso qui e dall’ingresso non sei passato, le mie finestre
sono dei lucernari e bisogna essere dei bambini per passarci, e comunque lì
dentro non ci sono aperture… Ma come diavolo sei arrivato lì? Sei salito dallo
scarico?”
“Non essere
idiota…ammetto che ho sbagliato coordinate. Capita.”
Carlo si voltò di
scatto. Un uomo con un lungo cappotto nero e degli occhiali da sole lo fissava
con le braccia incrociate. Inutile dire che gli venne da fare un balzo
all’indietro.
“MA CHI SEI TU? E COME
DIAVOLO…?”
“Non dire quella
parola! Io sono dell’altro partito!”
“Cosa?”
Carlo si fermò a
guardare meglio quel tipo. Era davvero strano il modo in cui lo stava fissando
e sembrava quasi che volesse farsi esaminare meglio. In effetti Carlo stava
notando qualcosa in lui.
“Non noti niente?”
chiese lo sconosciuto.
“La tua faccia…”
“Esatto…ho la tua
faccia, le tue stesse sembianze…ma come hai fatto a non notarlo?”
“Io mi guardo
raramente allo specchio…non mi piace guardarmi in faccia” rispose il padrone di
casa chiedendosi perché avesse detto quelle cose.
L’estraneo sembrava
perplesso.
“Capisco evitare la
vanità che è peccato ma così si esagera… mi sa che sarà un lavoro duro!”
“Ma di cosa parli?”
L’estraneo e Carlo si
fissarono. I suoi occhi non si potevano vedere dalle lenti scure, ma non
sembrava aggressivo, anzi.
“Ascolta…voglio sapere
chi sei e cosa ci fai in casa mia!” disse Carlo con risolutezza.
Dopo un sospiro l’estraneo
rispose: “Sono qui perché ne hai bisogno.”
Detto questo si tolse
gli occhiali e Carlo vide come un lampo accecante per poi perdere i sensi. Si
sentiva leggero e come se stesse girando. Oppure era tutto il resto che girava?
Non lo sapeva, non lo capiva. Gli sembrava di vedere un fumo verde e ad un
tratto il buio. Non c’era il sopra, non c’era il sotto, faceva freddo. Il gelo
più intenso che si potesse concepire. Poi un nuovo lampo, una voce e una luce
intensa e calda, sembrava quasi il fuoco della stufa a legna della sua casa a
Vicenza. Carlo era molto bravo ad accendere quel fuoco la cui luce e calore lo
facevano sentire sempre in pace.
Quando Carlo riaprì
gli occhi si ritrovò sdraiato sul suo letto a Torino, la prima cosa che vide
furono le travi di legno e il soffitto bianco. Si mise seduto e trovò il suo
interlocutore in piedi a fissarlo.
“Cos’era?” chiese.
“Il Principio” rispose
lo straniero.
“E tu chi sei?”
“Il Narratore
dell’inizio e della fine.”
“Vuoi dirmi cosa sta
succedendo?”
“D’accordo Carlo,
basta che ti calmi. Vedi… c’è qualcuno che è un po’ preoccupato per te e ha
ottenuto che ti venga raccontata una storia…in effetti la storia più bella di
tutte. Quella che serve ad accendere la stella che c’è nel cuore degli uomini,
che sblocca il meccanismo dentro di te affinché chiunque ti conosca sappia che
sei vivo!”
“Non capisco…”
“Che giorno è oggi?”
Carlo rifletté alcuni
secondi.
“Prima domenica di
Avvento.”
“Esatto piccolo
uomo…ecco la storia che ti verrà narrata un po’ per volta.”
“Ma io conosco già
quella storia.”
“Forse hai bisogno di
un ripasso. Non sta a me deciderlo o giudicarlo, in ogni caso tu ascolterai la
storia che abbiamo da raccontarti, giorno dopo giorno fino al finale nella
speranza che ti serva!”
“Per fare cosa?”
“Non mi dire che non
credi di aver bisogno di una scossa. Bisognava decidere: o questo o il bastone
e credimi, non lo avresti retto. Ci sono
alcuni per cui è troppo tardi, per te non ancora.”
“Hai detto che avete
una storia da raccontarmi… chi altro c’è?”
“Ogni giorno verrà
qualcuno e poi alla fine tornerò per narrare il finale e…ma che succede?”
Il Narratore si era
rivolto verso il muro che separava l’appartamento di Carlo da quello accanto.
C’erano dei rumori, come dei canti che si sentivano dall’altra parte.
“No…è il vicino. Sta
guardando un film” disse Carlo.
“Va bene…comunque io
devo…”
“Aspetta…chi ti ha
detto che voglio ascoltarti?”
“Non ho solo la tua
faccia. So bene che non vedi l’ora di iniziare un’esperienza capace di
cambiarti la vita da così a così!”
Carlo si alzò dal
letto e guardò lo sconosciuto.
“E come faccio a
sapere di non essere impazzito del tutto?” chiese ancora il giovane più
spaventato che mai.
“Anche se fosse…non
hai sempre detto che il messaggio è più importante del messaggero?”
Carlo, lentamente, si
sedette sulla sedia davanti alla scrivanie e fissò il Narratore.
“La tua parte della
storia quale sarebbe?”
“Il Principio… quando
si decise che il Nulla non era gradito e iniziò il piano. Disse Sia la Luce e la Luce fu. Il Creatore
fece tutto parlando e in effetti la Parola è ciò che genera e rende tutto reale
e concreto ed è così che sei stato creato tu: come parte di una bella storia e
allo stesso modo tutti coloro che vivono ed esistono intorno a te. Ogni
preziosissima vita è nata così: è stata chiamata, le è stato dato un nome, le è
stato insegnato, tutto le è stato donato attraverso una parola e una storia.”
“Quindi l’Universo è
una storia che Dio sta raccontando?”
“Un po’ come fai tu.
Non hai mai detto che nella tua mente c’è un Impero di duecento milioni di
mondi da tirare fuori?”
“Ma quella è solo
un’espressione…un metafora per dire…”
“Che sei vanitoso,
forse non per la tua faccia ma per quello che c’è dentro. Comunque perché no?
Immagina pure che ogni realtà sia dentro alla mente di una persona che sta
dentro la realtà di un’altra persona, in una matriosca infinita in cui ogni
cosa, ogni possibilità, ogni idea è reale. Non dirmi che non hai mai pensato
che quell’Impero di cui parli e scrivi esista davvero da qualche parte mentre
le leggi della fisica del tuo universo sono frutto della mente di un povero
pazzo!”
“Quest’ultima parte
l’ho già sentita” disse Carlo perplesso.
“È lui che cita me nel
caso. Comunque, ciò che voglio farti capire è che tutto questo è iniziato come
un racconto. Quella stessa Parola, che ha dato inizio a questa storia, fu poi
mandata di nuovo perché gli uomini imparassero a vivere nella maniera migliore
che era loro possibile dopo aver imparato a conoscere il bene e il male.”
“C’è chi direbbe che
bene e male sono concetti molto soggettivi e che dipendono dal punto di vista.”
“Ne discuterai con
qualcun altro più avanti. Comunque sta di fatto che quella storia, quella
Parola venuta dal Creatore ha dato agli uomini esattamente ciò che serviva loro
e darà a te ciò di cui hai bisogno.”
“Di che cosa avrei
bisogno?”
“Ma come fa a non
capirlo? Ti sto parlando del fatto di essere oggetto dell’Amore, con la
maiuscola. Quello che da il vero senso alla vita e all’esistenza. L’amore che
fu annunciato e che rende tutte le creature unite in un legame di fratellanza
indissolubile, mandato, sacrificato e poi ridistribuito con la più bella storia
mai raccontata!”
“Io non capisco.”
“Ecco perché verremo a
raccontartela ancora e ancora” disse il Narratore.
Carlo chiuse gli occhi
per un secondo, quando li riaprì si ritrovò di nuovo solo.
Quella storia era
appena cominciata.
Nessun commento:
Posta un commento