domenica 27 novembre 2016

Avvento I: Principio

Carlo si sedette al computer, senza pensare al fatto che insisteva stupidamente a chiamarlo elaboratore. Era intenzionato a scrivere, non sapeva fare praticamente nient’altro: inventare, immaginare e intensificare. Il problema veniva quando doveva raccontare, in un certo senso gli capitava di vergognarsi certe volte di ciò che gli veniva in mente, eppure tutti coloro che lo conoscevano lo incoraggiavano ad andare avanti, a produrre e a credere in ciò che faceva. Nessuno poteva sapere quanto fosse difficile avere un universo nella mente e non riuscire a condividerlo. Eppure la storia continuava, che Carlo lo volesse o no.
Mentre Torino si riprendeva da un periodo piuttosto difficile rieccolo seduto su quella scrivania nel suo piccolo ma comodo appartamento vicino a Piazza Statuto, proprio davanti ad una porta per l’Inferno, a cercare di buttare giù un’idea preannunciata dal formicolio nella testa.
“Quello è il settimo chakra” gli aveva detto qualcuno tempo prima. Qualunque cosa fosse preannunciava sempre un’idea. Quel giorno però le parole non venivano, era da un po’ che non riusciva a richiamarle.
Stava per alzarsi e andare a fare una camminata per riorganizzare le idee quando Carlo sentì un tonfo: qualcuno aveva fatto cadere qualcosa dietro la porta accanto alla scrivania.
“Ma porc… Dov’è la luce qui?”
“Chi c’è in bagno?” pensò Carlo spaventato da quell’intrusione.
“E la porta…?” continuava a dire l’intruso. Sembrava disorientato.
Con una velocità sorprendente Carlo prese lo sgabello verde che teneva in casa e lo usò per bloccare la porta appena in tempo perché la maniglia girò senza che lo sconosciuto potesse aprire.
“Scusa…potresti aprirmi per favore?”
“Lo faranno i carabinieri!- disse Carlo cercando il cellulare- Adesso li chiamo e ti faccio rinchiudere. E dovrai spiegarmi come diavolo hai fatto ad entrare. È tutto il giorno che sono chiuso qui e dall’ingresso non sei passato, le mie finestre sono dei lucernari e bisogna essere dei bambini per passarci, e comunque lì dentro non ci sono aperture… Ma come diavolo sei arrivato lì? Sei salito dallo scarico?”
“Non essere idiota…ammetto che ho sbagliato coordinate. Capita.”
Carlo si voltò di scatto. Un uomo con un lungo cappotto nero e degli occhiali da sole lo fissava con le braccia incrociate. Inutile dire che gli venne da fare un balzo all’indietro.
“MA CHI SEI TU? E COME DIAVOLO…?”
“Non dire quella parola! Io sono dell’altro partito!”
“Cosa?”
Carlo si fermò a guardare meglio quel tipo. Era davvero strano il modo in cui lo stava fissando e sembrava quasi che volesse farsi esaminare meglio. In effetti Carlo stava notando qualcosa in lui.
“Non noti niente?” chiese lo sconosciuto.
“La tua faccia…”
“Esatto…ho la tua faccia, le tue stesse sembianze…ma come hai fatto a non notarlo?”
“Io mi guardo raramente allo specchio…non mi piace guardarmi in faccia” rispose il padrone di casa chiedendosi perché avesse detto quelle cose.
L’estraneo sembrava perplesso.
“Capisco evitare la vanità che è peccato ma così si esagera… mi sa che sarà un lavoro duro!”
“Ma di cosa parli?”
L’estraneo e Carlo si fissarono. I suoi occhi non si potevano vedere dalle lenti scure, ma non sembrava aggressivo, anzi.
“Ascolta…voglio sapere chi sei e cosa ci fai in casa mia!” disse Carlo con risolutezza.
Dopo un sospiro l’estraneo rispose: “Sono qui perché ne hai bisogno.”
Detto questo si tolse gli occhiali e Carlo vide come un lampo accecante per poi perdere i sensi. Si sentiva leggero e come se stesse girando. Oppure era tutto il resto che girava? Non lo sapeva, non lo capiva. Gli sembrava di vedere un fumo verde e ad un tratto il buio. Non c’era il sopra, non c’era il sotto, faceva freddo. Il gelo più intenso che si potesse concepire. Poi un nuovo lampo, una voce e una luce intensa e calda, sembrava quasi il fuoco della stufa a legna della sua casa a Vicenza. Carlo era molto bravo ad accendere quel fuoco la cui luce e calore lo facevano sentire sempre in pace.
Quando Carlo riaprì gli occhi si ritrovò sdraiato sul suo letto a Torino, la prima cosa che vide furono le travi di legno e il soffitto bianco. Si mise seduto e trovò il suo interlocutore in piedi a fissarlo.
“Cos’era?” chiese.
“Il Principio” rispose lo straniero.
“E tu chi sei?”
“Il Narratore dell’inizio e della fine.”
“Vuoi dirmi cosa sta succedendo?”
“D’accordo Carlo, basta che ti calmi. Vedi… c’è qualcuno che è un po’ preoccupato per te e ha ottenuto che ti venga raccontata una storia…in effetti la storia più bella di tutte. Quella che serve ad accendere la stella che c’è nel cuore degli uomini, che sblocca il meccanismo dentro di te affinché chiunque ti conosca sappia che sei vivo!”
“Non capisco…”
“Che giorno è oggi?”
Carlo rifletté alcuni secondi.
“Prima domenica di Avvento.”
“Esatto piccolo uomo…ecco la storia che ti verrà narrata un po’ per volta.”
“Ma io conosco già quella storia.”
“Forse hai bisogno di un ripasso. Non sta a me deciderlo o giudicarlo, in ogni caso tu ascolterai la storia che abbiamo da raccontarti, giorno dopo giorno fino al finale nella speranza che ti serva!”
“Per fare cosa?”
“Non mi dire che non credi di aver bisogno di una scossa. Bisognava decidere: o questo o il bastone e credimi,  non lo avresti retto. Ci sono alcuni per cui è troppo tardi, per te non ancora.”
“Hai detto che avete una storia da raccontarmi… chi altro c’è?”
“Ogni giorno verrà qualcuno e poi alla fine tornerò per narrare il finale e…ma che succede?”
Il Narratore si era rivolto verso il muro che separava l’appartamento di Carlo da quello accanto. C’erano dei rumori, come dei canti che si sentivano dall’altra parte.
“No…è il vicino. Sta guardando un film” disse Carlo.
“Va bene…comunque io devo…”
“Aspetta…chi ti ha detto che voglio ascoltarti?”
“Non ho solo la tua faccia. So bene che non vedi l’ora di iniziare un’esperienza capace di cambiarti la vita da così a così!”
Carlo si alzò dal letto e guardò lo sconosciuto.
“E come faccio a sapere di non essere impazzito del tutto?” chiese ancora il giovane più spaventato che mai.
“Anche se fosse…non hai sempre detto che il messaggio è più importante del messaggero?”
Carlo, lentamente, si sedette sulla sedia davanti alla scrivanie e fissò il Narratore.
“La tua parte della storia quale sarebbe?”
“Il Principio… quando si decise che il Nulla non era gradito e iniziò il piano. Disse Sia la Luce e la Luce fu. Il Creatore fece tutto parlando e in effetti la Parola è ciò che genera e rende tutto reale e concreto ed è così che sei stato creato tu: come parte di una bella storia e allo stesso modo tutti coloro che vivono ed esistono intorno a te. Ogni preziosissima vita è nata così: è stata chiamata, le è stato dato un nome, le è stato insegnato, tutto le è stato donato attraverso una parola e una storia.”
“Quindi l’Universo è una storia che Dio sta raccontando?”
“Un po’ come fai tu. Non hai mai detto che nella tua mente c’è un Impero di duecento milioni di mondi da tirare fuori?”
“Ma quella è solo un’espressione…un metafora per dire…”
“Che sei vanitoso, forse non per la tua faccia ma per quello che c’è dentro. Comunque perché no? Immagina pure che ogni realtà sia dentro alla mente di una persona che sta dentro la realtà di un’altra persona, in una matriosca infinita in cui ogni cosa, ogni possibilità, ogni idea è reale. Non dirmi che non hai mai pensato che quell’Impero di cui parli e scrivi esista davvero da qualche parte mentre le leggi della fisica del tuo universo sono frutto della mente di un povero pazzo!”
“Quest’ultima parte l’ho già sentita” disse Carlo perplesso.
“È lui che cita me nel caso. Comunque, ciò che voglio farti capire è che tutto questo è iniziato come un racconto. Quella stessa Parola, che ha dato inizio a questa storia, fu poi mandata di nuovo perché gli uomini imparassero a vivere nella maniera migliore che era loro possibile dopo aver imparato a conoscere il bene e il male.”
“C’è chi direbbe che bene e male sono concetti molto soggettivi e che dipendono dal punto di vista.”
“Ne discuterai con qualcun altro più avanti. Comunque sta di fatto che quella storia, quella Parola venuta dal Creatore ha dato agli uomini esattamente ciò che serviva loro e darà a te ciò di cui hai bisogno.”
“Di che cosa avrei bisogno?”
“Ma come fa a non capirlo? Ti sto parlando del fatto di essere oggetto dell’Amore, con la maiuscola. Quello che da il vero senso alla vita e all’esistenza. L’amore che fu annunciato e che rende tutte le creature unite in un legame di fratellanza indissolubile, mandato, sacrificato e poi ridistribuito con la più bella storia mai raccontata!”
“Io non capisco.”
“Ecco perché verremo a raccontartela ancora e ancora” disse il Narratore.
Carlo chiuse gli occhi per un secondo, quando li riaprì si ritrovò di nuovo solo.
Quella storia era appena cominciata. 

Nessun commento:

Posta un commento