Il re degli dei pensava spesso alla grande guerra che era stato costretto a combattere per conquistarlo, una guerra iniziata con una ricerca di giustizia, ma quante conseguenze quella vittoria.
Gea, la madre terra, aveva sempre criticato aspramente il figlio di suo figlio per aver punito tutti i Titani per punire le colpe di uno solo. Una volta diventato re del mondo il potente Zeus era stato costretto ad abbattere i potenti Giganti, fratelli dei Titani che Gea aveva aizzato contro gli dei Olimpi. Non osò ricordare ciò che Madre Terra aveva mandato contro il re del cielo dopo la caduta dei Giganti: il padre dei mostri, Tifone, l'ultimo figlio di Gea. I tendini tagliati, la prigionia, l'umiliazione della prigionia.
Ma aveva vinto! Zeus aveva sempre vinto, il mondo che stava osservando gli apparteneva e gli dei erano i suoi sudditi. Eppure non era tranquillo.
Rea, sua madre, lo aveva avvertito dell'angoscia e dei pericoli che avrebbe comportato la sua passione per le donne, la manifestazione incontrollata della sua potenza. Ora dal monte Olimpo era difficile vedere il volto di Gea: gli uomini erano diventati numerosi, troppo grandi, troppo esperti nella ricerca del sapere, della tecnica, della forza. In effetti stavano diventando potenti e tra loro vi erano i numerosi discendenti di Zeus e di altri dei che crescevano diventando i grandi eroi e forse tra loro sarebbe sorto qualcuno che avrebbe preso il posto di Zeus stesso, come lui aveva fatto con suo padre ed egli con suo padre prima di lui.
Venne il giorno in cui, osservando il vasto mondo, Zeus si alzò e afferrò la pietra datagli dai Ciclopi: le folgori si scatenarono in tutto il cielo. Aveva già partecipato ad un Diluvio Universale, ne avrebbe fatto un altro. Gli uomini erano troppi e pericolosi, li avrebbe sterminati e fatti ricominciare.
Zeus era pronto, non doveva rendere conto a nessuno e fu pronto a richiamare il vento e le sue potenti folgori avrebbero sconvolto il mondo.
"Piccolo re, cosa credi di fare?"
Zeus si voltò e vide ciò che temeva di più.
"Che cosa vuoi?" chiese il re degli dei.
"Che ricominci a ragionare. Non ti stai forse preparando a scatenare un diluvio sul mondo? A stermianre l'Umanità?"
"Questo mondo è il mio regno, io lo gestisco come mi è stato conferito e..."
"Ascolta bene piccolo Zeus, forse sei diventato tanto alto da non vedere più il basamento su cui poggia il tuo trono. Lui lo ha detto chiaramente: mai più ci sarà un Diluvio e lo sterminio del genere umano non è tuo diritto deciderlo. Sai bene cosa ti aspetta in caso di disubbidienza!"
Era difficile che il re degli Olimpi tremasse di paura.
"Tuttavia- disse ancora l'emissario- ho anche un compito per te che potrebbe alleviare le tue angosce: gli eroi del mondo devono essere sistemati. Fai che accada presto!"
Quando l'emissario scomparve il re degli dei fece cessare il vento e la folgore, osservando pensieroso il mondo.
Almeno gli era permesso agire.
"Momo!" girdò Zeus.
Dopo pochi secondi il dio degli scherzi apparve al cospetto di Zeus. Era un raro privilegio l'incontro con il figlio di Crono.
"Ai tuoi ordini sommo Zeus" disse il dio delle burle.
"Ho bisogno di un tuo consiglio figliolo" disse il dio dei fulmini.
"Come posso servire il re degli Olimpi?"
"Mi serve una guerra...la più grande di tutte!"
Momo guardò in basso verso il mondo, osservando il potente regno di Troia, i signore del suo re, Muwatalli principe degli Ittiti, il Faraone suo nemico e gli Achei in cerca di gloria.
"Credo di avere un'idea- disse il piccolo Momo- ma servirà una mela d'oro delle Esperidi."
"Te la procurerò io. E dopo?"
"Io che sono scherzo parlerò con mia sorella discordia...tu mio re...organizza un banchetto e che le dee più belle della famiglia siano presenti!"
Uno scherzo che avrebbe portato alla fine di una generazione di eroi e l'inizio della civiltà più grande di tutte.
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