martedì 25 ottobre 2016

Gli strumenti dell'ira funesta

« Ivi ei fece la terra, il mare, il cielo
E il Sole infaticabile, e la tonda
Luna, e gli astri diversi onde sfavilla
Incoronata la celeste volta,
E le Pleiadi, e l’Iadi, e la stella
D’Orïon tempestosa, e la grand’Orsa
Che pur Plaustro si noma. Intorno al polo
Ella si gira ed Orïon riguarda,
Dai lavacri del mar sola divisa. »

Con queste parole Omero descrive il grande scudo di Achille usato nello scontro con Ettore. Il Pelide aveva perso le sue armi: scudo, lancia, spada, armatura, bracciali, gambali ed elmo. Quando Patroclo era sceso in campo indossava tutto questo, le grandi armi forgiate da Efesto in persona nelle fucine dell'Etna. Alla morte di Patroclo Ettore lo spogliò delle armi e iniziò ad indossarle e ad usarle contro i nemici di Troia.
Ettore indossava elmo e armatura il giorno in cui affrontò Achille ed era così possente e terribile che nemmeno suo figlio Astianatte lo riconobbe e fuggì terrorizzato quando il padre gli si avvicinò per salutarlo prima di andare a morire.
Achille non era in grado di affrontare il principe dei Teucri, non senza le armi. Sua madre Teti, figlia di Nereo, discendente di Oceano, padre degli dei, non voluta da Zeus e Poseidone perché destinata a dare alla luce un figlio più grande del padre, chiese ad Efesto di realizzare nuove armi per il suo erede.
Il dio fabbro era molto devoto a Teti poiché ella lo aveva soccorso e allevato dopo che sua madre Era lo aveva rifiutato. Efesto avrebbe fatto qualsiasi cosa per la madre di Achille.
Omero descrive con grande meticolosità il modo in cui il dio dei fabbri realizza questo nuovo arsenale. Nelle fucine del monte Etna, aiutato dai ciclopi, i migliori fabbri del cosmo (che, pur essendone superati, avevano istruito Efesto nella loro arte), il dio applica tecniche siderurgiche tipiche dell'età del bronzo.
Versando del rame e dello stagno negli stampi insieme ad oro e argento, Efesto realizza un nuovo arsenale.
Spada, lancia, elmo, corazza, gambali, bracciali ma soprattutto il grande scudo. Omero dedica dei versi meravigliosi per descrivere questo strabiliante manufatto ornato splendidamente: cielo, terra, sole, luna e stelle, ornati con la rappresentazione di due città, una messa sotto assedio e teatro di una terribile battaglia. Giovenche attaccate da leoni, un campo arato, la villa di un re, dei giovani che raccolgono in una vigna, degli agnelli al pascolo, giovani che danzano. Il tutto circondato dal grande fiume Oceano, governato dal più antico dei Titani che sorveglia l'armonia del mondo. La sua descrizione è il più antico esempio, in letteratura occidentale, di descrizione di un'opera figurativa e funse da modello per molte opere simili successive, come ad esempio lo scudo di Enea e l'opera The Shield of Achilles del poeta inglese W. H. Auden.
Dopo la morte di Achille le sue armi furono contese dai grandi eroi degli Achei, Odisseo re di Itaca riuscì ad ottenerle, secondo le fonti usando la sua grande abilità negli inganni. Aiace Telamonio, il grande Aiace, il più forte eroe greco dopo Achille, disperato per non aver potuto ereditare il divino scudo argenteo e la gloriosa armatura si suicidò usando la spada dall'elsa d'argento che Ettore gli aveva donato come segno di ammirazione. Per fare onore ad Aiace Telamonio, Lettor, ti narrerò però domani.



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