lunedì 24 ottobre 2016

Il figlio non ha colpa del padre

69 d.C., anno dei quattro Imperatori, poiché dopo la morte di Nerone il generale Galba divenne capo del Grande Impero, ma dimostrandosi incapace di tale ruolo il suo posto venne preso dall'Imperatore Otone. Un feroce comandante di nome Vitellio però sconfisse Otone durante la battaglia di Bedriaco, nei pressi di Cremona. Lì venne combattuta un'altra battaglia tra le forze di colui che Otone aveva scelto per vendicarsi del suo assassino e gli uomini di Vitellio. Il 24 ottobre del 69 la seconda battaglia di Bedriaco diede inizio alla vittoria di Vespasiano e alla sua ascesa verso il comando dell'Impero.
Ecco cos'era l'Impero Romano in quello sciagurato anno dei quattro Imperatori, ognuno dei generali contendenti aveva una porzione dell'Impero con le relative risorse e legioni a sua disposizione, Vespasiano l'Oriente e i Balcani, provincie ricchissime. 
Nella seconda battaglia di Bedriaco il magister al servizio di Vespasiano, Marco Antonio Primo conduceva cinque legioni, contro le forze di pari numero in nome di Vitellio guidate da Fabio Fabulo e Cassio Longo.
Lo scontro terribile e sanguinario, oltre che innaturale. Romani contro Romani, l'esercito invincibile che combatteva contro sé stesso. Ad un certo punto un legionario della legione vespasiana VII Claudia riuscì ad aprire un varco tra le linee della XXI Rapax fedele a Vitellio. Quel legionario si chiamava Claudio Corvo, figlio di Giulio Cesare Corvo che non vedeva da due anni. Durante lo scontro Claudio riuscì a trafiggere un centurione della XXI poco prima che i comandanti vitelliani ordinassero la ritirata sconfitti e diretti a Cremona dove le forze di Vespasiano avrebbero posto l'assedio. Una volta fuggiti i nemici sconfitti i vincitori rivendicarono il diritto di saccheggiare le salme dei nemici. Claudio tornò indietro verso il centurione, era un primipillo, ovvero il centurione di grado massimo della sua legione, doveva avere una vera fortuna addosso.
Il centurione non era ancora morto e il giovane legionario, abituato com'era ai barbari, non arrestò la foga mentre toglieva l'elmo del centurione per dargli un colpo di grazia e derubarlo. 
Claudio Corvo fu folgorato alla vista di quei lineamenti così familiari. Cadde a terra gridando e piangendo mentre gli altri legionari e ufficiali inorridivano a vedere cosa stava accadendo. 
Il centurione, con le sue ultime forze, alzò il braccio destro e lo strinse al collo del legionario appena riconosciuto iniziando a pregare i Mani, gli dei suoi antenati, perché terribili conseguenze attendono coloro che uccidono i loro padri. 
"Grandi Mani...vi supplico...non vendicate...perché mio figlio non è colpevole, non sapeva di colpire suo padre...ha seguito i suoi comandanti e servito il suo duce...non vide il mio volto...Mani...grandi Mani...dei tutti, Giove grandioso non punire mio figlio...non è un patricida...non poteva sapere...Giove mio figlio non ha colpa...non ha colpa..."
Queste furono le ultime parole di Giulio Cesare Corvo, mentre suo figlio Claudio Corvo si disperava e malediva tutti gli Imperatori per avergli fatto uccidere suo padre.
Ti invito Lettor a ricordare questa storia e la lezione del 24 ottobre del 69 d.C., ovvero che non esiste orrore peggiore della guerra civile. Nemmeno l'Imperium vale questo abominio.

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