Carlo si risvegliò
tranquillo, sette e trenta come al solito. Una cioccolata calda e quattro biscotti
per colazione, una lavata e poi uscita per una nuova giornata. Cappotto
pesante, sciarpa e cappello: il freddo torinese era implacabile.
Appena ebbe chiuso a
chiave la porta di casa si voltò e…deserto.
Carlo si trovava in
mezzo ad un enorme pianura desertica, il cielo limpido e un caldo soffocante.
“Ben arrivato” disse
una voce alle sue spalle. Carlo si voltò e vide un uomo alto e muscoloso con
una corta barba bianca e una tunica bianca con mantello verde, abiti
tradizionali degli abitanti del Medio Oriente.
“Chi sei?” chiese
Carlo.
“Mi chiamo Andrea…e ti
racconterò una parte della storia di questi giorni.”
Era stato avvertito,
ma quello era molto più incredibile di ciò che aveva immaginato.
“Dove siamo?” gli
chiese.
“Questi sono i miei
ricordi…del tempo in cui vivevo nella terra di Galilea.”
“Quando è stato?”
“Moltissimo tempo fa.
A quei tempi ero ancora un Uomo come lo sei tu adesso. Vieni, ti farò vedere il
messaggero di ciò che cerchi.”
Solo in quel momento
Carlo si rese conto di indossare degli abiti identici a quelli del suo
interlocutore. Dovette fare un piccolo sforzo per stare vicino al suo compagno
di viaggio, non gli era facile camminare con quegli abiti.
“Avrei così tante
domande da farti- disse Carlo eccitatissimo- in che anno siamo esattamente?”
“Sono passati più di
1830 anni da quando Mosè ha condotto il popolo di Israele fuori dall’Egitto e
ora questa terra, la Galilea, è sotto il governo del Tetrarca Erode Antipa che
vi regna nel nome di Cesare.”
Era più o meno il 30
d.C., gli anni del Principato di Tiberio e…
“Aspetta… non dirmi
che...”
“No! Non sta a me. Io
devo portarti da qualcuno che ti racconterà come arrivò” disse Andrea indicando
una grotta ai piedi di una rupe. Alcuni uomini erano radunati intorno ad un
piccolo falò e attingevano acqua da un ruscello che scorreva vicino al loro
campo. Andrea alzò una mano in segno di saluto, gli risposero. Evidentemente lo
conoscevano, uno di quegli uomini si alzò e si diresse verso Andrea per dargli
il benvenuto. Indossava una specie di pelliccia marrone, aveva una barba e
lunghi capelli neri incolti, inoltre era molto più robusto di Andrea anche se
con un’aria molto gentile.
“Salve Andrea, com’è
andato il viaggio?” chiese l’uomo.
“Benissimo amico mio.
Sono molto felice di vederti…spero non ti dispiaccia se ho portato un amico,
qualcuno che vorrebbe parlare con te…proprio come me la prima volta che ti
vidi.”
Carlo e l’uomo si
guardarono per qualche secondo e al primo sembrò che la sua anima venisse
sondata da una coscienza molto più profonda di quanto si potesse capire.
“Molto lieto signore”
disse Carlo alzando la mano.
Gli fu stretta.
“Tu sia il benvenuto.
Vieni, abbiamo poco ma abbastanza” disse l’ospite invitando Carlo ad avanzare fino
al cerchio intorno al falò. Erano tutti vestiti come Andrea e il suo amico:
erano persone semplici e anche pacifiche.
“Come ti chiami?”
chiese l’uomo vestito di pelle marrone dopo essersi seduto a terra. Appena
Carlo si fu accomodato a gambe incrociate rispose.
“Il mio nome è Carlo.”
“Non lo avevo mai
sentito” disse uno dei presenti.
“Viene da un paese
piuttosto lontano, ha fatto un lungo viaggio per trovare la sua strada.”
“Non importa da dove
vieni, qui ognuno trova ciò che cerca.”
Carlo sospirò e
rifletté per alcuni secondi prima di rispondere.
“Io…vorrei tanto
chiederti di raccontarmi ciò che annunci… o meglio perché annunci.”
Andrea fece un cenno
di consenso e l’uomo rispose.
“Io annuncio l’arrivo
del vero Re dei Re. Era stato predetto dagli antichi profeti che sarebbe giunto
un Agnello che avrebbe purificato il mondo intero dai suoi peccati e che ci
sarebbero state delle voci oneste che ne avrebbero annunciato l’arrivo.”
“Ma tu chi sei dunque?
Sei il Re?”
“No! Egli non sono io!”
“Allora sei un
profeta?”
“Neanche questo! Io
sono solo quella voce che avverte chi vuole ascoltare che il Signore sta
arrivando e niente di più!”
“Questo non dovrebbe
essere motivo di orgoglio? Esistono tanti che, pur credendo, invidierebbero
molto un tale privilegio.”
“Quale privilegio può
esserci per un servo che fa il suo dovere? Il messaggero non ha importanza,
solo il messaggio ne ha. Io preparo coloro che vogliono sapere la verità e che
potranno riceverla perché ne hanno bisogno.”
“Quindi il messaggio
non era per tutti? Lui non venne nel mondo per tutti?”
“Certo che è venuto
per tutti, ma non obbliga nessuno a seguirlo. Lui si rivolge ai deboli, agli
ignoranti e agli umili. Perché mai un uomo come il re Erode dovrebbe ascoltarlo
in fondo?”
“Parli del tetrarca di
Galilea?”
“Proprio lui! Ha preso
in casa la moglie di suo fratello violando la legge, non rispetta le Scritture,
sfrutta i più deboli facendo favori ai suoi familiari e amici ricchi tra i
ricchi e ogni giorno Erode mangia quanto basterebbe per vivere un mese.
Qualcuno che gode così tanto della sua vita perché dovrebbe ascoltare il
messaggio del Messia?”
“Ma qual è questo
messaggio?”
Giovanni sospirò.
“Pentirsi delle
proprie mancanze- disse- amare Dio sopra ogni cosa, amare il prossimo più di sé stessi e donare ciò che si ha a chi
non ha niente.”
“A questo qualcuno
potrebbe obbiettare. Mi spiego: un uomo ricco potrebbe risponderti che tutto
ciò che ha lo ha guadagnato onestamente (e magari è vero), che nessuno gli ha
regalato nulla, quindi perché dovrebbe farlo lui?”
“Dici bene… gli dirò
che questa sarà la prova con cui dimostrerà soprattutto a sé stesso di essere
davvero pronto ad entrare nel Regno di Dio.”
Carlo sospirò e
abbassò lo sguardo.
“Temo che siano cose
in cui la mia gente non crede più” disse.
“Non lo puoi sapere… e
anche se così fosse Dio non ha rinnegato noi malgrado le nostre colpe, non
rinnegherà nemmeno voi.”
Carlo osservò quel
uomo ancora una volta. Aveva davvero un bello sguardo.
Andrea in quel momento
sollevò uno spiedino su cui erano conficcate delle locuste che immerse in una
ciotola piena di miele.
“Che c’è?- chiese
Andrea incontrando lo sguardo di Carlo- Miele selvatico e locuste. Neanche
Erode mangia così bene!”
“Tu…hai detto- disse
Carlo tornando a rivolgersi al suo interlocutore- che la prova serve per
dimostrare il pentimento soprattutto a noi stessi. Cosa vuol dire?”
Quel uomo gli sorrise.
“Lui è venuto nel
mondo ad immolarsi per noi, ma se vogliamo purificarci dei nostri peccati e
vivere a pieno le nostre vite… prima di tutto dobbiamo perdonare noi stessi. Tu
ti sei mai perdonato?”
Carlo non rispose, non
poteva a dire il vero e quel uomo lo sapeva.
Andrea si alzò.
“Dobbiamo andare
adesso” disse.
Anche tutti gli altri
si alzarono.
“Carlo- disse il capo
del gruppo prima dei saluti- ricorda che se vivi con sincerità, umiltà,
impegno, fede e amore persino la morte non potrà mai farti paura. Questo è il
senso della storia che stai ascoltando.”
Carlo strinse la mano
di quel uomo.
“Me lo ricorderò per
sempre…”
“E ricorda anche che
siamo tutti delle voci” disse l’uomo prima di prendere il suo bastone e
dirigersi con gli altri verso la valle dove scorreva un grande fiume.
Carlo si voltò verso
Andrea.
“Non credo di aver
capito” disse sospirando ancora per l’emozione.
“Io ci ho messo tutta
la mia vita. Non ti vergognare di questo, ma prendi esempio da chi ha portato
il messaggio da cui è derivato tutto ciò che sei” disse Andrea prima di
indicare alle spalle di Carlo.
Quando questo si voltò
era nel corridoio davanti alla porta di casa, nel suo condominio torinese in
una fredda giornata di pioggia.