lunedì 28 novembre 2016

Avvento II: il messaggero

Carlo si risvegliò tranquillo, sette e trenta come al solito. Una cioccolata calda e quattro biscotti per colazione, una lavata e poi uscita per una nuova giornata. Cappotto pesante, sciarpa e cappello: il freddo torinese era implacabile.
Appena ebbe chiuso a chiave la porta di casa si voltò e…deserto.
Carlo si trovava in mezzo ad un enorme pianura desertica, il cielo limpido e un caldo soffocante.
“Ben arrivato” disse una voce alle sue spalle. Carlo si voltò e vide un uomo alto e muscoloso con una corta barba bianca e una tunica bianca con mantello verde, abiti tradizionali degli abitanti del Medio Oriente.
“Chi sei?” chiese Carlo.
“Mi chiamo Andrea…e ti racconterò una parte della storia di questi giorni.”
Era stato avvertito, ma quello era molto più incredibile di ciò che aveva immaginato.
“Dove siamo?” gli chiese.
“Questi sono i miei ricordi…del tempo in cui vivevo nella terra di Galilea.”
“Quando è stato?”
“Moltissimo tempo fa. A quei tempi ero ancora un Uomo come lo sei tu adesso. Vieni, ti farò vedere il messaggero di ciò che cerchi.”
Solo in quel momento Carlo si rese conto di indossare degli abiti identici a quelli del suo interlocutore. Dovette fare un piccolo sforzo per stare vicino al suo compagno di viaggio, non gli era facile camminare con quegli abiti.
“Avrei così tante domande da farti- disse Carlo eccitatissimo- in che anno siamo esattamente?”
“Sono passati più di 1830 anni da quando Mosè ha condotto il popolo di Israele fuori dall’Egitto e ora questa terra, la Galilea, è sotto il governo del Tetrarca Erode Antipa che vi regna nel nome di Cesare.”
Era più o meno il 30 d.C., gli anni del Principato di Tiberio e…
“Aspetta… non dirmi che...”
“No! Non sta a me. Io devo portarti da qualcuno che ti racconterà come arrivò” disse Andrea indicando una grotta ai piedi di una rupe. Alcuni uomini erano radunati intorno ad un piccolo falò e attingevano acqua da un ruscello che scorreva vicino al loro campo. Andrea alzò una mano in segno di saluto, gli risposero. Evidentemente lo conoscevano, uno di quegli uomini si alzò e si diresse verso Andrea per dargli il benvenuto. Indossava una specie di pelliccia marrone, aveva una barba e lunghi capelli neri incolti, inoltre era molto più robusto di Andrea anche se con un’aria molto gentile.
“Salve Andrea, com’è andato il viaggio?” chiese l’uomo.
“Benissimo amico mio. Sono molto felice di vederti…spero non ti dispiaccia se ho portato un amico, qualcuno che vorrebbe parlare con te…proprio come me la prima volta che ti vidi.”
Carlo e l’uomo si guardarono per qualche secondo e al primo sembrò che la sua anima venisse sondata da una coscienza molto più profonda di quanto si potesse capire.
“Molto lieto signore” disse Carlo alzando la mano.
Gli fu stretta.
“Tu sia il benvenuto. Vieni, abbiamo poco ma abbastanza” disse l’ospite invitando Carlo ad avanzare fino al cerchio intorno al falò. Erano tutti vestiti come Andrea e il suo amico: erano persone semplici e anche pacifiche.
“Come ti chiami?” chiese l’uomo vestito di pelle marrone dopo essersi seduto a terra. Appena Carlo si fu accomodato a gambe incrociate rispose.
“Il mio nome è Carlo.”
“Non lo avevo mai sentito” disse uno dei presenti.
“Viene da un paese piuttosto lontano, ha fatto un lungo viaggio per trovare la sua strada.”
“Non importa da dove vieni, qui ognuno trova ciò che cerca.”
Carlo sospirò e rifletté per alcuni secondi prima di rispondere.
“Io…vorrei tanto chiederti di raccontarmi ciò che annunci… o meglio perché annunci.”
Andrea fece un cenno di consenso e l’uomo rispose.
“Io annuncio l’arrivo del vero Re dei Re. Era stato predetto dagli antichi profeti che sarebbe giunto un Agnello che avrebbe purificato il mondo intero dai suoi peccati e che ci sarebbero state delle voci oneste che ne avrebbero annunciato l’arrivo.”
“Ma tu chi sei dunque? Sei il Re?”
“No! Egli non sono io!”
“Allora sei un profeta?”
“Neanche questo! Io sono solo quella voce che avverte chi vuole ascoltare che il Signore sta arrivando e niente di più!”
“Questo non dovrebbe essere motivo di orgoglio? Esistono tanti che, pur credendo, invidierebbero molto un tale privilegio.”
“Quale privilegio può esserci per un servo che fa il suo dovere? Il messaggero non ha importanza, solo il messaggio ne ha. Io preparo coloro che vogliono sapere la verità e che potranno riceverla perché ne hanno bisogno.”
“Quindi il messaggio non era per tutti? Lui non venne nel mondo per tutti?”
“Certo che è venuto per tutti, ma non obbliga nessuno a seguirlo. Lui si rivolge ai deboli, agli ignoranti e agli umili. Perché mai un uomo come il re Erode dovrebbe ascoltarlo in fondo?”
“Parli del tetrarca di Galilea?”
“Proprio lui! Ha preso in casa la moglie di suo fratello violando la legge, non rispetta le Scritture, sfrutta i più deboli facendo favori ai suoi familiari e amici ricchi tra i ricchi e ogni giorno Erode mangia quanto basterebbe per vivere un mese. Qualcuno che gode così tanto della sua vita perché dovrebbe ascoltare il messaggio del Messia?”
“Ma qual è questo messaggio?”
Giovanni sospirò.
“Pentirsi delle proprie mancanze- disse- amare Dio sopra ogni cosa, amare il prossimo  più di sé stessi e donare ciò che si ha a chi non ha niente.”
“A questo qualcuno potrebbe obbiettare. Mi spiego: un uomo ricco potrebbe risponderti che tutto ciò che ha lo ha guadagnato onestamente (e magari è vero), che nessuno gli ha regalato nulla, quindi perché dovrebbe farlo lui?”
“Dici bene… gli dirò che questa sarà la prova con cui dimostrerà soprattutto a sé stesso di essere davvero pronto ad entrare nel Regno di Dio.”
Carlo sospirò e abbassò lo sguardo.
“Temo che siano cose in cui la mia gente non crede più” disse.
“Non lo puoi sapere… e anche se così fosse Dio non ha rinnegato noi malgrado le nostre colpe, non rinnegherà nemmeno voi.”
Carlo osservò quel uomo ancora una volta. Aveva davvero un bello sguardo.
Andrea in quel momento sollevò uno spiedino su cui erano conficcate delle locuste che immerse in una ciotola piena di miele.
“Che c’è?- chiese Andrea incontrando lo sguardo di Carlo- Miele selvatico e locuste. Neanche Erode mangia così bene!”
“Tu…hai detto- disse Carlo tornando a rivolgersi al suo interlocutore- che la prova serve per dimostrare il pentimento soprattutto a noi stessi. Cosa vuol dire?”
Quel uomo gli sorrise.
“Lui è venuto nel mondo ad immolarsi per noi, ma se vogliamo purificarci dei nostri peccati e vivere a pieno le nostre vite… prima di tutto dobbiamo perdonare noi stessi. Tu ti sei mai perdonato?”
Carlo non rispose, non poteva a dire il vero e quel uomo lo sapeva.
Andrea si alzò.
“Dobbiamo andare adesso” disse.
Anche tutti gli altri si alzarono.
“Carlo- disse il capo del gruppo prima dei saluti- ricorda che se vivi con sincerità, umiltà, impegno, fede e amore persino la morte non potrà mai farti paura. Questo è il senso della storia che stai ascoltando.”
Carlo strinse la mano di quel uomo.
“Me lo ricorderò per sempre…”
“E ricorda anche che siamo tutti delle voci” disse l’uomo prima di prendere il suo bastone e dirigersi con gli altri verso la valle dove scorreva un grande fiume.
Carlo si voltò verso Andrea.
“Non credo di aver capito” disse sospirando ancora per l’emozione.
“Io ci ho messo tutta la mia vita. Non ti vergognare di questo, ma prendi esempio da chi ha portato il messaggio da cui è derivato tutto ciò che sei” disse Andrea prima di indicare alle spalle di Carlo.
Quando questo si voltò era nel corridoio davanti alla porta di casa, nel suo condominio torinese in una fredda giornata di pioggia.


domenica 27 novembre 2016

Avvento I: Principio

Carlo si sedette al computer, senza pensare al fatto che insisteva stupidamente a chiamarlo elaboratore. Era intenzionato a scrivere, non sapeva fare praticamente nient’altro: inventare, immaginare e intensificare. Il problema veniva quando doveva raccontare, in un certo senso gli capitava di vergognarsi certe volte di ciò che gli veniva in mente, eppure tutti coloro che lo conoscevano lo incoraggiavano ad andare avanti, a produrre e a credere in ciò che faceva. Nessuno poteva sapere quanto fosse difficile avere un universo nella mente e non riuscire a condividerlo. Eppure la storia continuava, che Carlo lo volesse o no.
Mentre Torino si riprendeva da un periodo piuttosto difficile rieccolo seduto su quella scrivania nel suo piccolo ma comodo appartamento vicino a Piazza Statuto, proprio davanti ad una porta per l’Inferno, a cercare di buttare giù un’idea preannunciata dal formicolio nella testa.
“Quello è il settimo chakra” gli aveva detto qualcuno tempo prima. Qualunque cosa fosse preannunciava sempre un’idea. Quel giorno però le parole non venivano, era da un po’ che non riusciva a richiamarle.
Stava per alzarsi e andare a fare una camminata per riorganizzare le idee quando Carlo sentì un tonfo: qualcuno aveva fatto cadere qualcosa dietro la porta accanto alla scrivania.
“Ma porc… Dov’è la luce qui?”
“Chi c’è in bagno?” pensò Carlo spaventato da quell’intrusione.
“E la porta…?” continuava a dire l’intruso. Sembrava disorientato.
Con una velocità sorprendente Carlo prese lo sgabello verde che teneva in casa e lo usò per bloccare la porta appena in tempo perché la maniglia girò senza che lo sconosciuto potesse aprire.
“Scusa…potresti aprirmi per favore?”
“Lo faranno i carabinieri!- disse Carlo cercando il cellulare- Adesso li chiamo e ti faccio rinchiudere. E dovrai spiegarmi come diavolo hai fatto ad entrare. È tutto il giorno che sono chiuso qui e dall’ingresso non sei passato, le mie finestre sono dei lucernari e bisogna essere dei bambini per passarci, e comunque lì dentro non ci sono aperture… Ma come diavolo sei arrivato lì? Sei salito dallo scarico?”
“Non essere idiota…ammetto che ho sbagliato coordinate. Capita.”
Carlo si voltò di scatto. Un uomo con un lungo cappotto nero e degli occhiali da sole lo fissava con le braccia incrociate. Inutile dire che gli venne da fare un balzo all’indietro.
“MA CHI SEI TU? E COME DIAVOLO…?”
“Non dire quella parola! Io sono dell’altro partito!”
“Cosa?”
Carlo si fermò a guardare meglio quel tipo. Era davvero strano il modo in cui lo stava fissando e sembrava quasi che volesse farsi esaminare meglio. In effetti Carlo stava notando qualcosa in lui.
“Non noti niente?” chiese lo sconosciuto.
“La tua faccia…”
“Esatto…ho la tua faccia, le tue stesse sembianze…ma come hai fatto a non notarlo?”
“Io mi guardo raramente allo specchio…non mi piace guardarmi in faccia” rispose il padrone di casa chiedendosi perché avesse detto quelle cose.
L’estraneo sembrava perplesso.
“Capisco evitare la vanità che è peccato ma così si esagera… mi sa che sarà un lavoro duro!”
“Ma di cosa parli?”
L’estraneo e Carlo si fissarono. I suoi occhi non si potevano vedere dalle lenti scure, ma non sembrava aggressivo, anzi.
“Ascolta…voglio sapere chi sei e cosa ci fai in casa mia!” disse Carlo con risolutezza.
Dopo un sospiro l’estraneo rispose: “Sono qui perché ne hai bisogno.”
Detto questo si tolse gli occhiali e Carlo vide come un lampo accecante per poi perdere i sensi. Si sentiva leggero e come se stesse girando. Oppure era tutto il resto che girava? Non lo sapeva, non lo capiva. Gli sembrava di vedere un fumo verde e ad un tratto il buio. Non c’era il sopra, non c’era il sotto, faceva freddo. Il gelo più intenso che si potesse concepire. Poi un nuovo lampo, una voce e una luce intensa e calda, sembrava quasi il fuoco della stufa a legna della sua casa a Vicenza. Carlo era molto bravo ad accendere quel fuoco la cui luce e calore lo facevano sentire sempre in pace.
Quando Carlo riaprì gli occhi si ritrovò sdraiato sul suo letto a Torino, la prima cosa che vide furono le travi di legno e il soffitto bianco. Si mise seduto e trovò il suo interlocutore in piedi a fissarlo.
“Cos’era?” chiese.
“Il Principio” rispose lo straniero.
“E tu chi sei?”
“Il Narratore dell’inizio e della fine.”
“Vuoi dirmi cosa sta succedendo?”
“D’accordo Carlo, basta che ti calmi. Vedi… c’è qualcuno che è un po’ preoccupato per te e ha ottenuto che ti venga raccontata una storia…in effetti la storia più bella di tutte. Quella che serve ad accendere la stella che c’è nel cuore degli uomini, che sblocca il meccanismo dentro di te affinché chiunque ti conosca sappia che sei vivo!”
“Non capisco…”
“Che giorno è oggi?”
Carlo rifletté alcuni secondi.
“Prima domenica di Avvento.”
“Esatto piccolo uomo…ecco la storia che ti verrà narrata un po’ per volta.”
“Ma io conosco già quella storia.”
“Forse hai bisogno di un ripasso. Non sta a me deciderlo o giudicarlo, in ogni caso tu ascolterai la storia che abbiamo da raccontarti, giorno dopo giorno fino al finale nella speranza che ti serva!”
“Per fare cosa?”
“Non mi dire che non credi di aver bisogno di una scossa. Bisognava decidere: o questo o il bastone e credimi,  non lo avresti retto. Ci sono alcuni per cui è troppo tardi, per te non ancora.”
“Hai detto che avete una storia da raccontarmi… chi altro c’è?”
“Ogni giorno verrà qualcuno e poi alla fine tornerò per narrare il finale e…ma che succede?”
Il Narratore si era rivolto verso il muro che separava l’appartamento di Carlo da quello accanto. C’erano dei rumori, come dei canti che si sentivano dall’altra parte.
“No…è il vicino. Sta guardando un film” disse Carlo.
“Va bene…comunque io devo…”
“Aspetta…chi ti ha detto che voglio ascoltarti?”
“Non ho solo la tua faccia. So bene che non vedi l’ora di iniziare un’esperienza capace di cambiarti la vita da così a così!”
Carlo si alzò dal letto e guardò lo sconosciuto.
“E come faccio a sapere di non essere impazzito del tutto?” chiese ancora il giovane più spaventato che mai.
“Anche se fosse…non hai sempre detto che il messaggio è più importante del messaggero?”
Carlo, lentamente, si sedette sulla sedia davanti alla scrivanie e fissò il Narratore.
“La tua parte della storia quale sarebbe?”
“Il Principio… quando si decise che il Nulla non era gradito e iniziò il piano. Disse Sia la Luce e la Luce fu. Il Creatore fece tutto parlando e in effetti la Parola è ciò che genera e rende tutto reale e concreto ed è così che sei stato creato tu: come parte di una bella storia e allo stesso modo tutti coloro che vivono ed esistono intorno a te. Ogni preziosissima vita è nata così: è stata chiamata, le è stato dato un nome, le è stato insegnato, tutto le è stato donato attraverso una parola e una storia.”
“Quindi l’Universo è una storia che Dio sta raccontando?”
“Un po’ come fai tu. Non hai mai detto che nella tua mente c’è un Impero di duecento milioni di mondi da tirare fuori?”
“Ma quella è solo un’espressione…un metafora per dire…”
“Che sei vanitoso, forse non per la tua faccia ma per quello che c’è dentro. Comunque perché no? Immagina pure che ogni realtà sia dentro alla mente di una persona che sta dentro la realtà di un’altra persona, in una matriosca infinita in cui ogni cosa, ogni possibilità, ogni idea è reale. Non dirmi che non hai mai pensato che quell’Impero di cui parli e scrivi esista davvero da qualche parte mentre le leggi della fisica del tuo universo sono frutto della mente di un povero pazzo!”
“Quest’ultima parte l’ho già sentita” disse Carlo perplesso.
“È lui che cita me nel caso. Comunque, ciò che voglio farti capire è che tutto questo è iniziato come un racconto. Quella stessa Parola, che ha dato inizio a questa storia, fu poi mandata di nuovo perché gli uomini imparassero a vivere nella maniera migliore che era loro possibile dopo aver imparato a conoscere il bene e il male.”
“C’è chi direbbe che bene e male sono concetti molto soggettivi e che dipendono dal punto di vista.”
“Ne discuterai con qualcun altro più avanti. Comunque sta di fatto che quella storia, quella Parola venuta dal Creatore ha dato agli uomini esattamente ciò che serviva loro e darà a te ciò di cui hai bisogno.”
“Di che cosa avrei bisogno?”
“Ma come fa a non capirlo? Ti sto parlando del fatto di essere oggetto dell’Amore, con la maiuscola. Quello che da il vero senso alla vita e all’esistenza. L’amore che fu annunciato e che rende tutte le creature unite in un legame di fratellanza indissolubile, mandato, sacrificato e poi ridistribuito con la più bella storia mai raccontata!”
“Io non capisco.”
“Ecco perché verremo a raccontartela ancora e ancora” disse il Narratore.
Carlo chiuse gli occhi per un secondo, quando li riaprì si ritrovò di nuovo solo.
Quella storia era appena cominciata. 

lunedì 21 novembre 2016

La luce del Tempio

Lettor oggi ti parlo di quel 21 novembre del 164 a.C., quando Giuda Maccabeo purificò il Tempio di Gerusalemme e diede orogine a ciò che ancora oggi gli Ebrei ricordano come "Festa delle Luci".
Giuda Maccabeo era membro di una nobilissima famiglia degli Asmonei che era stata grande nel Regno di Israele. Durante la sua vita (tra il II e il I secolo a.C.) il suo popolo era sotto la dominazione di uno dei regni diadochi nati dalla frammentazione del dominio di Alessandro Magno: il regno seleucide che dominava la Siria e l'attuale Palestina.
Nel 176 a.C. il re Antioco IV salì al trono e iniziò la vicenda che avrebbe portato Giuda ad essere da me narrato.
Una volta una persona mi disse che i pagani avevano uno stile di vita migliore del nostro perché non si preoccupavano della fede e lasciavano che ognuno venerasse il dio che voleva. Grosso errore, terribile menzogna.
Antioco IV voleva ellenizzare il mondo ebraico e per farlo cercò di distruggere il monoteismo. Il re di Siria nominò sommi sacerdoti di Gerusalemme dei Greci, proibise la circoncisione e il riposo del sabato. Inoltre qualsiasi Ebreo non si fosse convertito al paganesimo ellenico sarebbe stato condannato a morte. Il colmo arrivò quando re Antioco consacrò un altare del Tempio a Zeus.
Nel Libro dell'Esodo esiste un versetto che loda il Signore per la vittoria contro il Faraone e la liberazione dalla schiavitù.

"Chi è come Te tra gli dei, o Signore?"

Giuda, orgoglioso della sua eredità e del suo popolo, si mise a capo della ribellione contro il re seleucide. Prendendo il comando della ribellione egli scelse anche il nome del movimento: Maccabi, derivato dalle iniziali del versetto appena citato che formano la parola "maqqabah" che vuol dire "martello".
Nel libro dei Maccabei viene descritto il modo in cui i Maccabi guidati da Giuda Maccabeo riconquistarono Gerusalemme e il 21 novembre del 164 a.C. purificarono il Tempio. La festa di Chanukah, la festa dell'Inaugurazione o delle Luci. Per purificare il Tempio era necessario accendere la Menorah con dell'olio santo e puro, ma ne era rimasta una sola fiala dopo l'occupazione. Doveva durare solo una notte, ma avvenne un miracolo: l'olio bruciò per otto giorni, il tempo necessario per produrre nuovo olio.
La lotta fu lunghissima e non finì con la riconquista del Tempio. I Greci continuarono a combattere e Giuda Maccabeo morì nel 160 a.C. in battaglia contro i Seleucidi. La lotta del Martello d'Israele ebbe l'effetto di indebolire molto il regno seleucide rendendolo vulnerabile alla potenza che si avvicinava da Occidente: i Romani.

giovedì 17 novembre 2016

A lui sono succeduti solo i suoi figli

Lettor oggi è il compleanno di Tito Flavio Vespasiano, passato alla storia come Titus Flavius Vespasianus Augustus che fu Imperatore dal 69 al 79 d.C., fondatore della dinastia Flavia.
Nacque il 17 novembre del 9 d.C. a Cittareale, oggi in provincia di Rieti. Non era discendente di una grandissima e antichissima stirpe come Cesare, Augusto e i primi Imperatori, lo si potrebbe definire un borghese che si fece strada con le sue sole forze.
Partecipò alla campagna dell'Imperatore Claudio in Britannia e quando Nerone ascese al Soglio Imperiale iniziò un colpo di sfortuna. Benché fosse un eccellente comandante militare e un politico illustre e rispettato si dice che, mentre assisteva ad una delle declamazioni dell'Imperatore poeta, Tito Flavio finì per addormentarsi. Nerone, offeso, lo esiliò in Grecia per questo, dove il generale si diede all'apicultura, ottenendo il praenomen di Vespasianus che lo distinse dal figlio primogenito, Tito. Quando in Giudea scoppiò una terribile rivolta Nerone si decise a mandare Tito a far rientrare dall'esilio suo padre. Tre anni dopo arrivò il terribile 69, ricordato come l'anno dei quattro Imperatori. 
Dopo la morte di Nerone il potere fu preso dal generale Glaba, alla sua morte prese il potere il generale Otone assassinato da Vitellio che usurpò il potere. Tutto in un solo anno. Alla fine, dopo una feroce guerra civile, nel luglio dello stesso anno Vespasiano conquistò l'Imperium mentre suo figlio trionfava sulla ribellione in Giudea.
Con la distruzione del Tempio di Gerusalemme i Flavii diedero inizio alla diaspora del popolo ebraico, e il bottino di guerra, insieme ad altri accorgimenti dell'Imperatore in persona, fecero raccogliere all'amministrazione i fondi necessari per restaurare l'Impero dopo l'anno dei quattro Imperatori e lasciare enormi monumenti in eredità alle generazioni future tra cui il Mausoleo dei Flavii, il Tempio della Pace e l'Anfiteatro Flavio...
detto Colosseo.
Flavio fece una terribile mancanza però: disse "A me succederanno i miei figli o nessuno!"
Questo è il grande peccato di questo Imperatore. Il vero Impero ha sempre bisogno di evitare l'abominio della dinastia. Infatti, dopo il breve anche se fortunato Principato di Tito, il successore di Vespasiano fu suo figlio Domiziano, un mostro.
Tuttavia Lettor Vespasiano fu particolarmente potente e forte, infatti, alla sua morte, disse: "È opportuno che un Imperatore muoia in piedi!"
Dopo la morte di Vespasiano l'Impero Romano era forte, unito e consolidato e ci ha lasciato grandi eredità. 
Scherzava sempre quel ex apicoltore arrivato al vertice del mondo anche quando pronunciò le sue ultime parole prima di morire:
"Purtroppo sento che sto per diventare un dio!"







mercoledì 16 novembre 2016

Onore al grande Inca

Lettor oggi ti parlo del 16 novembre del 1532 quando finì un mondo straordinario e misterioso. Fu il giorno in cui Francisco Pizarro, conquistatore nel nome del Sacro Romano Imperatore Carlo V, catturò Atahualpa, ultimo Inca.
Certe volte Lettor si indica il popolo degli Inca, ma in realtà questo è il titolo che spettava al sovrano del più grande Stato dell'America precolombiana. Questo Stato, comunemente chiamato impero Inca, in realtà si chiama Tawantinsuyu (Paese delle Quattro Strade).
Un domino che passava per Perù, Ecuador, Cile, Argentina, Bolivia e Colombia. Il centro di questo Paese era la città di Cuzco, nell'omonima valle la cui colonizzazione aveva dato inizio a questa civiltà intorno al 1250.
Atahualpa nacque quando il Tawantinsuyu era arrivato all'apice dell'espansione. Suo padre era l'Inca Huayna Capàc e sua madre la principessa Pacha, erede di Quito e del regno collocato in Ecuador, non era l'erede al trono quando suo padre e il fratello maggiore morirono di vaiolo, ma fu il secondogenito Huascàr ad ascendere al trono. Atahualpa aveva tuttavia l'appoggio dei capi militari che lo ritenevano molto più meritevole del fratello. Dopo una divisione pacifica del Paese e anni di pace in cui Huascàr regnava su Cuzco e Atahualpa su Quito iniziò una feroce guerra che vide vincitore il potente esercito settentrionale che fece di Atahualpa il XIII Inca. A causa di ciò egli non viene considerato realmente legittimo sovrano: per alcuni fu un usurpatore che prese il trono con la forza, per altri era il capo di quella che doveva essere una nuova dinastia di sovrani peruviani. Dopo la sua vittoria sul fratello arrivò il primo ambasciatore spagnolo.
Arrivò in seguito il giorno della sua fine quando fu catturato da Pizarro in quel 16 novembre che segnò il momento in cui il grande mondo degli Inca è tramontato per sempre.




giovedì 10 novembre 2016

Viva la Basilissa


Lettor oggi ti parlo di Teofano di Costantinopoli che morì il giorno 10 novembre del 897, dopo essere stata Basilissa, ovvero Imperatrice dei Romei, i Romani d'Oriente.
Teofano era moglie del Basileo Leone VI il Saggio. Suo padre, l'Imperatore Basilio I, fondatore della dinastia Macedone, lo aveva costretto a questo matrimonio. Dopo le proteste di Leone il forte Basilio lo punì con la prigionia e Zoe Zautzina, amante di Leone, fu esiliata dalla capitale.
Leone fu frustato e messo in cella per tre mesi. Teofano chiese e ottenne di condividere tutte le sue pene, comprese le frustate. Fu molto amata dal suo popolo per la sua devozione e il suo senso di responsabilità.
Era il 9 agosto del 886 quando l'Imperatore Basilio I morì, Leone e Teofano divennero Basileo e Basilissa, Imperatore e Imperatrice di Costantinopoli.
Nei suoi ultimi anni si ritirò nel convento di Blacherne, vicino a Costantinopoli e ancora oggi la Chiesa d'Oriente adora questa santa Imperatrice per la sua devozione e la sua lealtà.


mercoledì 9 novembre 2016

Congratulation Mr president

Lettor, questo 9 novembre del 2016 ti parlo del 9 novembre del 2016, in cui siamo stati testimoni dell'elezione del 45° presidente degli Stati Uniti d'America.
Dopo una dura lotta con Hilary Clinton, moglie dell'ex presidente Bill Clinton, il miliardario Donald Trump ha vinto le elezioni ed è diventato il nuovo POTUS (president of the united states). 
Cosa comporta il fatto che Trump ora sia il presidente degli Stati Uniti d'America?
Lui è ora al comando dello Stato più potente del pianeta per quanto riguarda l'apparato militare. Oltre a  ciò egli è l'autorità che funge da punto d'incontro tra i cinquanta Stati indipendenti che compongono l'Unione. 
Quando le prime Colonie delle Americhe britanniche dichiararono l'intenzione di staccarsi dal dominio britannico diventando indipendenti l'uno dall'altro, tuttavia si resero conto di aver bisogno di un'autorità comune che coordinasse le azioni delle Colonie contro la reazione dell'Inghilterra. La Confederazione di queste Colonie formò così il Congresso destinato a scegliere il Capo dello Stato.
Dopo nove capi di Congresso venne scelto un generale che presiedeva l'assemblea al comando delle Colonie. Benché si volesse evitare l'opzione monarchica si capì che era necessario un capo forte e dotato del potere di condurre gli Stati nella lotta per la sopravvivenza.
Presidente significa infatti "Colui che si siede prima", in quanto è colui che ha il diritto di sedersi per primo nelle assemblee, solo quando lui si siede possono iniziare le riunioni dei capi del suo paese e approvare le sue leggi.
Il primo presidente degli Stati Uniti, George Washington, generale della milizia coloniale.
La Costituzione degli Stati Uniti dice che il Presidente deve essere eletto almeno dopo i 35 anni, può rimanere in carica 4 anni ed essere rieletto solo per due mandati (malgrado l'episodio di Grover Cleveland che venne eletto per due mandati non consecutivi). Il presidente non ha potere legislativo, tuttavia è il detentore di quello esecutivo, può concedere la grazia ai colpevoli di crimini federali e presentare progetti di legge al Congresso. La Costituzione gli da il diritto di porre il veto sui progetti di legge del Congresso entro dieci giorni dal momento in cui gli vengono consegnati dopo la loro delibera. 
Non potendo essere membro del Congresso mentre è in carica, il Presidente si ritrova a non poter proporre direttamente leggi a livello federale, ma può influenzare la legislazione. 
Donald Trump è il capo delle autorità federali degli Stati Uniti, può trattare con altri Paesi a nome di tutti i 50 Stati dell'Unione ed è il comandante in capo delle forze armate degli USA, che attualmente sono il più potente esercito del mondo.

Lettor, questa è una storia appena iniziata. Aspettiamo e vediamo come andrà a finire il capitolo Trump. In un modo o nell'altro.




martedì 8 novembre 2016

Per quanto ancora, Catilina, abuserai della nostra pazienza

Lettor oggi ti parlo del 8 novembre del 63 a.C., giorno in cui Marco Tullio Cicerone espresse la sua orazione in Senato avviando la disfatta della congiura del pretore Catilina. 
Conosciuto come un uomo forte e vigoroso, oltre che particolarmente intelligente sia in politica che in ambito militare, Catilina viene descritto come particolarmente crudele.
Lucio Sergio Catilina apparteneva alla gens Sergii, discendente diretto di Sergesto, uno dei compagni di viaggio di Enea giunto in Italia dopo la caduta di Troia. Quindi i Sergii erano una famiglia nobile e molto rispettata nella Repubblica Romana. Malgrado ciò, prima di Catilina, era da tanto che un membro della sua stirpe non arrivava ad occupare un ruolo di prestigio nei palazzi del potere.
Era stato nell'esercito facendosi onore nella guerra contro la Confederazione Italica (dove conobbe Cicerone e Pompeo) e la guerra mitridatica. Durante la guerra civile tra Mario e Silla Catilina si schierò con quest'ultimo.
Divenne in seguito questore, legato, pretore e governatore dell'Africa. Si candidò al consolato, la carica più alta della Repubblica, ma a causa di diversi processi per abuso di potere non poté accedere alla carica. Sembra che Cicerone stesso avesse ipotizzato di difenderlo, ma ebbe comunque potenti protettori che si opposero ai potenti accusatori, una cosa già vista. Venne assolto e si ricandidò nel 64 a.C., ma si ritrovò come avversario Cicerone. 

Il grande oratore dipinse Catillina come un incestuoso, un violento e un indegno dedito al più orribile dei peccati contro il Sommo Giove: sacrifici umani.
La propaganda di Cicerone fu appoggiata dagli optimates i conservatori membri della fazione più ricca del Senato, che gli resero la vittoria e il consolato.
Nel 63 a.C., tenace, Catilina continuò candidarsi e Cicerone continuò a contrastarlo presentando in senato le lettere anonime che lo accusavano di aver raccolto un esercito per prendere il potere della Repubblica e farsi re.
Nel 62 il potente politico andò in esilio volontario in Etruria, in attesa di trovare il suo destino a Fiesole.
Ecco un esempio in cui la storia ha giudicato. Provaci anche tu Lettor.

« Non è più degno morire da valorosi, piuttosto che trascorrere passivamente e con vergogna un'esistenza misera e senza onori, soggetti allo scherno e all'alterigia? »
                                                                                        Lucio Sergio Catilina

sabato 5 novembre 2016

Se lo prendo vinco il mondo

5 novembre del 333 a.C., Lettor questa è stata la fine di un'era e l'inizio di un'altra.
La battaglia di Isso, dove la Persia assistette alla fine del suo dominio sul mondo. Nella piana di Isso 100.000 uomini al soldo del Gran Re Dario III del casato degli Achemenidi, discendente di Perseo e re del mondo affrontarono i 40.000 guerrieri al seguito di Alessandro re di Macedonia.
Confronta Lettor, in arancione il regno di Macedonia e in verde il grande regno dei Persiani, il primo degli imperi universali antichi. La battaglia di Isso fu un importante capitolo di una storia straordinaria: quella di un piccolo re che riuscì a conquistare il mondo.
Il grande Sole che Alessandro portava nel suo stemma stava ormai oscurando da tanto tempo la potenza dei Persiani il cui Gran Re, Dario III. 
Il Gran Re era salito al trono dopo aver sconfitto l'assassino del suo predecessore, il Gran Re Artaserse III e suo figlio Arses, per questo motivo non si aspettava di essere sconfitto dal giovane macedone che lo affrontava con la metà degli uomini.
Alessandro era un giovane e vigoroso condottiero che non ha mai perso una sola battaglia grazie alla più potente delle armi: una storia. Raccontava ai suoi uomini di quando i Persiani avevano invaso la Grecia cercando di fare degli Elleni un popolo di schiavi, raccontava loro degli assassini pagati dal Gran Re per uccidere suo padre, il più grande sovrano greco dai tempi di Agamennone. Parlava loro della giustizia da conquistare con il coraggio e la forza della falange.
Quel 5 novembre, nella battaglia di Isso, Alessandro re di Macedonia e il Gran Re Dario III si videro. Il Macedone arrivò faccia a faccia con il suo avversario Achemenide dopo averne sbaragliato il grande esercito. Dario decise di fuggire per radunare un nuovo esercito per salvare il suo trono. 
Lettor, come ad Isso, Alessandro non ha mai perso una sola battaglia, grazie ad una grande storia che ancora oggi tutti ascoltiamo, tutti sognamo.



venerdì 4 novembre 2016

La purificazione secondo gli dei falsi e bugiardi

Il mondo era sempre stato un bellissimo panorama, persino Zeus non poteva fare a meno di rimanerne affascinato da quella magnificenza che era il suo regno.
Il re degli dei pensava spesso alla grande guerra che era stato costretto a combattere per conquistarlo,  una guerra iniziata con una ricerca di giustizia, ma quante conseguenze quella vittoria.
Gea, la madre terra, aveva sempre criticato aspramente il figlio di suo figlio per aver punito tutti i Titani per punire le colpe di uno solo. Una volta diventato re del mondo il potente Zeus era stato costretto ad abbattere i potenti Giganti, fratelli dei Titani che Gea aveva aizzato contro gli dei Olimpi. Non osò ricordare ciò che Madre Terra aveva mandato contro il re del cielo dopo la caduta dei Giganti: il padre dei mostri, Tifone, l'ultimo figlio di Gea. I tendini tagliati, la prigionia, l'umiliazione della prigionia. 
Ma aveva vinto! Zeus aveva sempre vinto, il mondo che stava osservando gli apparteneva e gli dei erano i suoi sudditi. Eppure non era tranquillo.
Rea, sua madre, lo aveva avvertito dell'angoscia e dei pericoli che avrebbe comportato la sua passione per le donne, la manifestazione incontrollata della sua potenza. Ora dal monte Olimpo era difficile vedere il volto di Gea: gli uomini erano diventati numerosi, troppo grandi, troppo esperti nella ricerca del sapere, della tecnica, della forza. In effetti stavano diventando potenti e tra loro vi erano i numerosi discendenti di Zeus e di altri dei che crescevano diventando i grandi eroi e forse tra loro sarebbe sorto qualcuno che avrebbe preso il posto di Zeus stesso, come lui aveva fatto con suo padre ed egli con suo padre prima di lui.
Venne il giorno in cui, osservando il vasto mondo, Zeus si alzò e afferrò la pietra datagli dai Ciclopi: le folgori si scatenarono in tutto il cielo. Aveva già partecipato ad un Diluvio Universale, ne avrebbe fatto un altro. Gli uomini erano troppi e pericolosi, li avrebbe sterminati e fatti ricominciare.
Zeus era pronto, non doveva rendere conto a nessuno e fu pronto a richiamare il vento e le sue potenti folgori avrebbero sconvolto il mondo.
"Piccolo re, cosa credi di fare?"
Zeus si voltò e vide ciò che temeva di più.
"Che cosa vuoi?" chiese il re degli dei.
"Che ricominci a ragionare. Non ti stai forse preparando a scatenare un diluvio sul mondo? A stermianre l'Umanità?"
"Questo mondo è il mio regno, io lo gestisco come mi è stato conferito e..."
"Ascolta bene piccolo Zeus, forse sei diventato tanto alto da non vedere più il basamento su cui poggia il tuo trono. Lui lo ha detto chiaramente: mai più ci sarà un Diluvio e lo sterminio del genere umano non è tuo diritto deciderlo. Sai bene cosa ti aspetta in caso di disubbidienza!"
Era difficile che il re degli Olimpi tremasse di paura.
"Tuttavia- disse ancora l'emissario- ho anche un compito per te che potrebbe alleviare le tue angosce: gli eroi del mondo devono essere sistemati. Fai che accada presto!"
Quando l'emissario scomparve il re degli dei fece cessare il vento e la folgore, osservando pensieroso il mondo.
Almeno gli era permesso agire.
"Momo!" girdò Zeus.
Dopo pochi secondi il dio degli scherzi apparve al cospetto di Zeus. Era un raro privilegio l'incontro con  il figlio di Crono.
"Ai tuoi ordini sommo Zeus" disse il dio delle burle.
"Ho bisogno di un tuo consiglio figliolo" disse il dio dei fulmini.
"Come posso servire il re degli Olimpi?" 
"Mi serve una guerra...la più grande di tutte!"
Momo guardò in basso verso il mondo, osservando il potente regno di Troia, i signore del suo re, Muwatalli principe degli Ittiti, il Faraone suo nemico e gli Achei in cerca di gloria.
"Credo di avere un'idea- disse il piccolo Momo- ma servirà una mela d'oro delle Esperidi."
"Te la procurerò io. E dopo?"
"Io che sono scherzo parlerò con mia sorella discordia...tu mio re...organizza un banchetto e che le dee più belle della famiglia siano presenti!"

Uno scherzo che avrebbe portato alla fine di una generazione di eroi e l'inizio della civiltà più grande di tutte.

giovedì 3 novembre 2016

Tradimento per superbia

Lettor oggi ti parlo di un provvedimento che a segnato l'inizio del declino della nostra civiltà: Act of Supremacy. Il 3 novembre del 1534 il re d'Inghilterra Enrico VIII, precedentemente proclamato Defensor Fidei (Difensore della Fede), candidato al Soglio Imperiale, si proclamò capo della Chiesa nel suo regno e diede inizio alla Chiesa Anglicana.
Enrico VIII fece approvare questo atto dal suo Parlamento per poi far confiscare i beni papali in Inghilterra, chiudendo i monasteri e gli orfanotrofi cattolici, tutto poi venduto alla borghesia.
La motivazione più evidente fu il desiderio di ottenere l'annullamento del suo matrimonio con la regina Caterina d'Aragona. Papa Clemente VII rifiutò di concedere questo procedimento in quanto Caterina era una parente stretta dell'Imperatore Carlo V, pertanto l'annullamento del matrimonio reale avrebbe minato la stabilità politica dell'Europa già messa in pericolo dalla crescente eresia luterana che si stava diffondendo in tutta l'Europa tedesca e in Gran Bretagna.  
Ancora oggi il sovrano inglese gode di tutti gli onori, i privilegi, le solennità, le rendite, le immunità e i beni derivanti dalla dignità di essere a capo della Chiesa d'Inghilterra.
RIcordi com'è finito re Enrico VIII Lettor? Qualcuno lo definirebbe contrappasso.
Ma se non è giusto che la fede interferisca con lo Stato, non dovrebbe essere ingiusto anche che lo Stato interferisca con la fede?
Alla tua coscienza Lettor.

mercoledì 2 novembre 2016

L'onore dei defunti

Quando ancora esisteva il Ducato di Urbino Gesù e i Dodici Apostoli scesero nel mondo per visitare gli uomini e osservare come andavano le cose tra loro. Arrivarono ad una piccola chiesa dove furono accolti da don Olivetto, un umile e anziano prete con la passione del rubamazzetto. Ovviamente il religioso non sapeva chi erano le tredici persone che aveva accolto in casa sua, dal suo punto di vista sembravano degli umili pellegrini e tali dovevano apparire. 
Don Olivetto diede tutto il cibo che aveva a quelle persone e, per volontà divina, quel poco pane e formaggio divenne un banchetto straordinario. Una volta finito il Signore si rivelò a don Olivetto e gli disse che, per la sua generosità, avrebbe esaudito un suo desiderio.
"Vorrei che tu mi dessi il diritto di mandare via la morte fino a sette volte quando verrà da me."
Dopo trent'anni arrivò Thanatos, la morte in persona. Don Olivetto la mandò via mentre si esercitava a giocare a rubamazzetto e ciò fu molto fastidioso per il triste mietitore.
Dopo altri settant'anni apparve di nuovo Thanatos e don Olivetto decise di seguirla senza discussione. O quasi.
"Io, dolce sorella morte, vengo con te ma devi portarmi all'Inferno" le disse.
"Ma che dici? Non si può, la lista dice chiaramente che sei un salvato. Ringrazia e vieni con me al cielo."
"Sorella morte...tu mi porterai all'Inferno e dopo in Paradiso, altrimenti io ti mando via altre tre volte com'è mio diritto!"
Sarebbe stata un'umiliazione troppo grande per la Morte. Una cosa essere sconfitta dal Figlio di Dio, ma da un piccolo prete dei dintorni di Urbino.
"Va bene! Ma non sono responsabile di ciò che accadrà nel Mondo Cieco!"
Don Olivetto diede la sua parola e si fece portare negli inferi con il suo mazzo di rubamazzetto preferito. Con grande sorpresa il Diavolo si ritrovò davanti quel vecchio prete che teneva la morte al guinzaglio.
"Questa non è una cosa che si vede tutti i giorni- disse il Diavolo- tu non sei nella lista dei miei dannati. Cosa ci fa un prete umile e fedele nella mia Caduta?"
Don Olivetto sorrise e si sedette su un masso.
"Sono venuto a giocare vecchio amico- disse il prete- rubamazzetto. Se vinci tu io accetto di rimanere e puoi vantare la cattura di un'anima del Paradiso."
"E se vinci tu?"
"Per ogni partita che vinco una delle tue anime viene via con me e la morte ci porta al Cielo, lontano dalle tue zanne."
Il Diavolo si sciolse in una terribile risata facendo comparire una pietra larga e alta simile ad un tavolo e ci appoggiò accanto un masso su cui si sedette.
"La tua anima sarà un grande trofeo per me. Il rubamazzetto l'ho inventato io" disse il re dell'Inferno.
"Andrà come deve andare" disse don Olivetto iniziando a distribuire le carte.
Gli anni passati a fare pratica con quel gioco si dimostrarono molto utili perché don Olivetto vinse centosette partite prima che Thanatos dicesse al prete che era il momento di andarsene. Malgrado il patto e il diritto conferito al prete giocatore c'erano delle leggi e dei tempi da rispettare. 
Don Olivetto salutò il Diavolo che ribolliva di rabbia a causa del contrappasso che lo vedeva ancora una volta battuto al suo stesso gioco.
Centosette anime si ritrovarono aggrappate alle vesti, alle braccia e alla barba del prete che veniva portato al cielo.
Sul cancello Thanatos disse a don Olivetto che avrebbe protestato per la sua condotta spericolata e tutt'altro che regolare.
San Pietro fu lieto di rivedere don Olivetto ricordando la bella mangiata fatta quella sera di tanto tempo prima. 
Quando furono entrati nel Regno dei Cieli quelle centosette anime si unirono ai cori dei beati, salvi grazie alla furbizia e alla dedizione di due buoni, uno piccolo e uno molto più grande.

Una piccola storia per onorare tutti i morti e gli avi Lettor. Ricordati di loro Lettor, ricordati di chi ti ha preceduto e della loro eredità. Ci si ricorda oggi di loro Lettor.

martedì 1 novembre 2016

Ognissanti

Lettor oggi ti parlo di una tradizione molto antica e sacra per la nostra civiltà. Che tu ci creda o no Lettor tu fai parte di un popolo, con una storia e una tradizione. 
Oggi ti parlo della festa di Ognissanti e della commemorazione di tutti i morti. In questo giorno di festa si ricordano tutti i santi della nostra civiltà, le persone migliori che abbiano mai vissuto tra Europa, Asia e Africa sin dai tempi in cui i primi Cristiani iniziarono la loro avventura nell'Impero Romano, tra i Parti, l'India e l'Etiopia. In questo stesso giorno ogni famiglia ricorda i propri defunti, i propri amati che sono già trapassati facendo in modo che non siano dimenticati e che non se ne vadano per sempre.
Peccato Lettor che, dopo la Seconda Guerra Mondiale, gli Americani ci abbiano imposto di dimenticare molto della nostra identità introducendo tra le altre cose la festa di Halloween, qualcosa di inutile, pagano e privato del suo reale significato.
Lettor onorare i propri antenati, mantenere la loro memoria e l'unità della propria famiglia e del proprio popolo... è davvero meno bello di mettersi un costume senza senso e andare in giro a chiedere dolci e fare scherzi? 
Rispondi secondo la tua coscienza Lettor.