sabato 12 dicembre 2015

Avvento VIII

Il Signore ha detto: Tu pascerai Israele mio popolo, tu sarai capo in Israele.
                                                                                          Samuele II, V, 2

Il mondo continuava a girare e mentre il buon Simeone andava ad indagare su qualcosa che il suo re doveva conoscere, molto lontano da Gerusalemme qualcuno discuteva su come procedere con il mondo. L’isola di Rodi, secondo i Greci è stata l’ultimo lembo di terra ad emergere dal mare. Forse è vero, non lo so. Comunque laggiù, su quell’isola rocciosa, viveva un uomo molto forte ma anche molto triste: si chiamava Tiberio ed era un legato, vale a dire un ufficiale di alto rango di Augusto presso quell’isola. La sua disgrazia era di essere il figlio adottivo del uomo più potente del mondo di allora: Augusto.
Tiberio aveva scelto di andare a Rodi perché amava molto quella terra, lo faceva stare in pace ed era proprio la pace che cercava dopo essere stato costretto a scegliere l’esilio a causa delle discordie con la sua famiglia e il grande marito di sua madre.
Fino ad un anno prima Tiberio era stato dotato della podestà tribunizia, ovvero del diritto di commentare e amministrare le leggi di Roma e la sua persona era sacra e inviolabile. Solo Augusto godeva di questa stessa prerogativa, ma ormai era abbandonato a se stesso.
“Legato, stai bene?” gli chiese Tito, il suo più fidato consigliere ed amico che da anni lo seguiva e lo sosteneva.
“Sì…. ascolto il mare” disse il legato seduto sulla terrazza della sua villa che dava proprio sul porto.
“Siamo tutti molto lieti del tuo ritorno signore” disse Tito cercando di consolare il suo signore.
“Lo so e sono lieto anch’io. Come sempre ho visto che hai amministrato davvero bene i miei affari mentre ero lontano. Sono soddisfatto di te Tito.”
“Io faccio solo il mio dovere e mi aspetto di farlo nella maniera più giusta” disse il giovane centurione.
Tiberio si considerava fortunato ad avere un collaboratore così fedele e ancora non sapeva quanto lo avrebbe ripagato.
“Non ha nemmeno voluto stringermi la mano… il giovane Gaio” disse Tiberio guardando malinconico il mare.
“Se posso permettermi- disse Tito- io non lo capisco: sei stato un padre per lui e un buon padre credo. Com’è possibile che il figlio di tua moglie ti abbia trattato in maniera tanto distaccata, dopo il lungo viaggio che hai compiuto per vederlo?”
“È tanto tempo che non vedo Gaio e capisco che Augusto lo abbia affidato ad altri precettori. La sfortuna è che il più abile di loro si chiama Marco Lollio.”
“Marco Lollio? Il flagello della V?” chiese Tito.
“Sì, quel incapace che in Gallia condusse un’intera legione al massacro” disse Tito senza nascondere un sincero disprezzo.
“Ma…. perdonami signore, come può essere diventato precettore di Gaio Cesare, figlio di Giulia figlia di Augusto?”
“Non solo questo: è diventato console il maledetto. La sua ricca famiglia gli ha garantito una certa sicurezza che ha saputo usare per aprirsi molte porte anche dopo la sua disfatta. Mi ha messo contro Gaio facendogli credere che ero andato fino a Samo solo per ingraziarmelo e cercare di rubargli la gloria che gli spetterà nella sua missione in Armenia” Tiberio si alzò furioso camminando nel cortile per sfogare la rabbia e la frustrazione.
“Legato- disse timidamente Tito- io sono certo che molto presto tornerai a casa.”
Tiberio non lo voleva ammettere, ma era evidente che Roma gli mancava tanto.
“Sai cosa raccontano i Greci su Rodi?- disse Tito- Quando il mondo fu formato e quest’isola stava ancora emergendo dal mare, Giove chiamò a raccolta tutti gli dei e a ciascuno di essi affidò una terra che fosse suo dominio e centro del culto. Il Sole non era presente perché stava compiendo il suo dovere di portare la luce nel mondo…”
“Il dovere prima di ogni cosa, questo è più che giusto” disse Tiberio.
“Per tanto Giove dimenticò di dare una terra al Sole e quando se ne ricordò vide con dispiacere che non c’erano più territori disponibili, ma il Sole fu comprensivo e non si offese. Chiese al re degli dei di dargli il dominio su quest’isola che stava emergendo in quel momento e disse che comunque lui vedeva tutto il mondo e che perciò gli bastava solo un punto da cui partire.”
“Cosa vorresti dirmi Tito?” chiese Tiberio.
“Legato…. recentemente è stata vista una nuova stella nel cielo, segno che una nuova era sta per cominciare  e la volontà divina non può escludere da essa un uomo giusto come te. Legato, abbi pazienza, e io credo che presto, come il Sole, anche tu risorgerai.”
“Tito…. non mi dare troppe speranze” disse Tiberio tornando a guardare quel mare che lo separava da casa.
Lui però aveva già deciso che Tito sarebbe tornato a proseguire il lavoro necessario.
Gaio Cesare stava proseguendo oltre Samo per portare a termine l’opera che suo nonno, il grande Augusto, aveva cominciato in Armenia, mentre nella terra di Giuda tutti si muovevano per completare il censimento.
Era appena scesa la sera quando Simeone si presentò al cospetto del suo re.
“Spero sia una questione importante quella che ti spinge a disturbarmi a quest’ora Simeone” disse Erode seduto al suo tavolo mentre addentava un cosciotto d’agnello che al suo segretario sarebbe bastato per vivere una settimana.
“Chiedo perdono mio re, ma ho ritenuto opportuno avvertirti di una strana questione. Oggi in città sono arrivati tre ricchi signori dal Oriente a capo di una grossa carovana” disse Simeone.
“Come se fosse una novità. Sai quante carovane e nobili passano per Gerusalemme da Oriente ad Occidente? È la nostra fortuna questo traffico?”
“Sì mio re. Ma il fatto è che questi uomini mandano i loro servi in giro per la città a fare strane domande.”
“Che genere di domande?” chiese Erode ancora disinteressato.
“Chiedono se qui, negli ultimi due anni, è nato un nuovo re.”
Dopo alcuni secondi Erode guardò il suo segretario con un’espressione contrariata: “Non azzardarti mai più ad interrompere un mio pasto a causa di sciocchezze del genere. Vattene e torna quando il tuo dovere lo imporrà!”
“Chiedo perdono mio re. Pace a te.”
Simeone si congedò, pensando che comunque aveva fatto il suo dovere.



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