giovedì 17 dicembre 2015

Avvento XIII

"Quando per il censimento farai la rassegna degli Israeliti, ciascuno di essi pagherà al Signore il riscatto della sua vita all'atto del censimento, perché non li colpisca un flagello in occasione del loro censimento.
                                                                                                                                                            Esodo, XXX, 12.

Vidi che la carovana della gente di Tiro era arrivata a Betlemme finalmente. Quella era una città molto piccola, un luogo umile, con abitanti semplici, ignoranti e lavoratori. I pascoli nei dintorni permettevano a quelle persone di allevare animali da pascolo, soprattutto pecore e capre.
Quelle case in pietra erano semplici, ma davvero utili: le famiglie vivevano in piccole stanze, mentre le aree più ampie delle case erano destinate ad ospitare gli animali della famiglia, stalle e case erano dunque un tutt’uno e gli abitanti di Betlemme amavano quelle creature, erano lieti di prendersene cura e proteggerle e quelle bestie lavoravano bene e sostenevano ogni famiglia assicurando a tutti una vita bella, tranquilla e dignitosa.
La carovana proveniente da Tiro si era fermata in una delle fontane della città per far abbeverare gli animali, ma era ancora presto e avevano intenzione di proseguire.
“Carissimi- disse il gentilissimo Lazzaro ai suoi due nuovi amici- qui le nostre strade si dividono.”
“Il Signore ti benedica Lazzaro, senza il tuo aiuto Maria non sarebbe mai riuscita ad arrivare fino a Betlemme” disse Giuseppe con sincera gratitudine.
“Non è stato nulla. Mi sono limitato a rispettare la Legge di Mosè” rispose Lazzaro riprendendo l’asino per le briglie.
“Hai fatto di più…. Hai avuto compassione e te ne siamo davvero grati- disse Maria con profonda dolcezza- te ne saremo grati per sempre.”
“Però non sei ancora al sicuro- disse Lazzaro guardando la pancia di Maria- dovete trovare un riparo subito, di sicuro sarete in tre a tornare a Nazaret.”
“Prima faremo il censimento e prima potremo tornare a casa” commentò Giuseppe sempre molto pratico.
La gente di Tiro stava ricominciando ad incamminarsi.
“Io adesso devo ripartire- disse Lazzaro salendo in groppa al suo asino- addio amici miei. Possa nascervi un figlio sano, bello e forte e possa l’Altissimo guidarlo verso una vita retta e prospera.”
“E possa Egli guidarti nel tuo cammino e ricondurti sano e salvo a casa tua” disse Giuseppe.
Mentre la gente di Tiro ripartiva in direzione di Ebron, Giuseppe e Maria si rimisero in cammino entrando nel villaggio vero e proprio. Non ci volle molto prima di trovare una lunga fila di persone, famiglie intere, una dietro l’altra, davanti ad un tavolo posto sotto una tenda al centro della piazza del paese, davanti alla sinagoga. Era presente un uomo, un pubblicano, ovvero un Giudeo che svolgeva il ruolo di ufficiale imperiale e registrava uno per uno tutti gli abitanti e le loro famiglie, nomi e mestieri. Tutte quelle informazioni venivano riportate in documenti che, al termine del censimento, sarebbero stati mandati nella città di Cesarea, dove i Romani avevano il loro quartier generale in quella parte dell’Impero. I documenti sarebbero poi stati copiati. Alcune di quelle copie sarebbero state conservate a Cesarea e altre spedite a Roma, dove Augusto sapeva cosa farne.
Giuseppe e Maria si misero in fila ad attendere il loro turno, sarebbe stata una cosa molto lunga.



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