Genesi, II, 24
Simeone e Giuseppe
accorsero verso Sara.
“Cosa succede moglie?”
chiese Simeone.
“Credo che sia
arrivato il suo tempo” disse Maria.
“Simeone… sta
arrivando…. sta arrivando….” diceva Sara urlando.
“Una levatrice…. MI
SERVE UNA LEVATRICE SUBITO!” gridò Simeone in preda al panico.
Devo dire che provai
una certa emozione; era la prima volta che assistevo a quel evento nel mondo
degli Uomini. Certo avevo visto molte cose, ma la mia attenzione era sempre
stata riservata ad altri giorni, altre questioni, altri eventi…. ma quello era
davvero incredibile!
Purtroppo moltissimi
rimasero indifferenti, altri non sapevano che fare, altri ancora venivano a
vedere cosa stava succedendo e basta.
“Calma, calma- disse
Giuseppe- ci serve un posto dove possa sistemarsi, un luogo riparato.”
“Voi- disse il
panettiere accanto alle panche- venite nella mia bottega! È abbastanza largo lì
dentro.”
Un aiuto improvviso ma
davvero provvidenziale. Per fortuna non fu l’unico: l’ufficiale imperiale aveva
abbandonato il suo posto e si era avvicinato alla fonte delle urla.
“Cosa succede qui? Cos’è
questo trambusto?” chiese.
“Mia moglie! È mia
moglie!” Simeone non riusciva a dire altro, mentre Maria e Giuseppe aiutavano
Sara ad entrare nella porta che il fornaio aveva aperto.
“Mi serve una
levatrice subito!” diceva Simeone completamente in preda al panico.
“Calma…. Non perdiamo
il controllo. Guardie! Correte immediatamente dal rabbì e da chiunque altro:
sta per nascere un bambino e serve aiuto” l’ufficiale aveva compreso la
situazione e cercava di aiutare per quanto possibile.
“Simeone- disse Maria
arrivata accanto a quest’ultimo- abbiamo sistemato Sara ma ha bisogno di te, ti
sta chiamando.”
Era vero: per strada
si sentivano le urla della donna che invocava il nome di suo marito.
“Vai da lei- disse l’ufficiale-
i miei uomini troveranno chi può aiutarla.”
“Giuseppe può farlo”
disse Maria.
In quel momento il
falegname di Nazaret uscì dalla bottega del fornaio e incontrò lo sguardo del
segretario del re.
“C… cosa?” chiese
Simeone.
“Poiché anche io avrei
potuto partorire in questo viaggio Giuseppe ha imparato come fare se fosse
stato necessario” disse Maria guardando il suo sposo.
“Ma lo ha già fatto?”
chiese Simeone.
“Come?” domandò
Giuseppe.
“Lui può farlo”
insistette Maria.
“Cosa?”
“Giuseppe- disse Maria
rivolta al marito- tu puoi aiutare Sara, così come puoi aiutare me, non è vero?”
“Sì, io penso che….?”
“TU PENSI?” urlò
Simeone.
In quel momento un
nuovo grido venne da dentro la bottega e il fornaio uscì dicendo che a Sara si
erano appena rotte le acque. Di levatrici per far nascere il bambino nemmeno l’ombra.
“Simeone- disse
Giuseppe- mi ero preparato per mia moglie, posso aiutare la tua e se me lo
permetti lo farò!”
Dopo qualche momento
di esitazione Simeone corse dalla moglie con Giuseppe alle calcagna e Maria che
entrava più lentamente.
Non troppo lontano, a
Gerusalemme, Belfagor continuava a sorvegliare Erode, non aveva bisogno di
bisbigliare pensieri malvagi al re, questi ne stava già facendo di suoi davvero
oscuri. L’amore degli Uomini per il potere…. non lo capirò mai.
Improvvisamente
Belfagor sentì un richiamo: era lo spirito messaggero che tornava da lui con un
messaggio dall’imperatore del doloroso regno.
“Ti saluto forte
Belfagor” disse rispettoso lo spirito.
“Quali nuove?” chiese
il demone maggiore.
“Ho riportato le tue
notizie e il tuo rapporto al nostro re e lui ti manda questa risposta: Segui
Erode, continua ad influenzarlo, continua a impregnargli il dubbio. Non appena
i Magi dell’Oriente torneranno fai in modo che Erode trovi il bambino e lo
uccida e se quelli non riferiranno ad Erode come riconoscere il bimbo allora
fai sì che quel uomo ordini che siano uccisi tutti i figli di Rachele. Grandi
pene ti aspettano se permetterai che un bimbo nato tra i pastori di Betlemme
cresca per togliermi il mio regno!”
Questo messaggio del
suo re era stato più che sufficiente perché uno dei demoni più pericoloso dell’Inferno
fosse pronto a bruciare un mondo intero.
A Betlemme le urla di
Sara erano sempre più forti, ma Giuseppe non era solo: ogni sua azione era
vigilata e ben guidata. Fortunatamente le donne di Nazaret, amiche e parenti
del falegname, gli avevano insegnato bene come comportarsi nel caso non ci
fosse stato nessun altro ad aiutare sua moglie durante quel viaggio.
Maria era accanto a
Sara, mentre Simeone le teneva una mano. Era stato necessario legarla ad una
trave del soffitto, ma era abbastanza comoda e il fornaio stava riscaldando
dell’acqua in un catino sul suo forno.
A Gerusalemme Erode
osservava il panorama dalle sue mura: la terra brulla tra le mura di
Gerusalemme e il paese di Betlemme era molto calma in quel momento; nessuno
stava viaggiando, e i Magi erano lontani ormai, erano partiti subito dopo aver
ingaggiato una guida per la loro reale destinazione. In effetti avevano anche
constatato che io stavo brillando proprio sopra Betlemme.
Erode sentì un suono
alle sue spalle: erano dei passi cadenzati, molto pesanti, accompagnati dal
tintinnio del metallo: una spada che sbatteva contro il metallo di una sottile
armatura a scaglie di pesce. Il capitano della guardia reale era appena entrato
nella sala rispondendo alla convocazione del re.
“È tutto pronto?”
chiese Erode.
“Sì mio re. Le guardie
sono schierate, ho un contingente a cavallo nelle campagne intorno alla città
che aspetta il tuo ordine e ho mandato una staffetta ad allertare la
guarnigione di Betlemme” disse il capitano.
“Mi raccomando: appena
i Magi saranno tornati dovrete partire subito. Seguirete le istruzioni che vi
darò alla lettera. Quel bambino non dovrà vedere il suo primo giorno e così il
nostro regno non dovrà vedere la fine dei suoi” disse Erode pensando solo che
non voleva rischiare che qualcuno usasse quella profezia e quei segni
miracolosi per soppiantarlo un giorno, nascondendosi dietro un bambino.
“Mio re…. e se i Magi
non tornassero?” chiese il capitano.
“Torneranno…. Altrimenti
che siano maledetti….” Erode aveva già pensato a cosa doveva fare.
A Betlemme si udì un
pianto molto ben accolto, mentre Sara veniva slegata e aiutata da Maria a
sedersi, Giuseppe porse a Simeone il bambino appena nato, pulito e avvolto in
un telo.
“Vostro figlio, un
maschio sano e forte” disse il falegname.
Simeone non riusciva a
dire nulla se non tanti ringraziamenti mentre si avvicinava a sua moglie, anche
lei salva e sana. Sara prese suo figlio e lo strinse forte.
“Zaccaria- disse
Simeone- il suo nome è Zaccaria come mio padre.”
“Grazie…. Grazie infinite
a tutti e due” disse Sara mentre Maria e Giuseppe ammiravano quel bambino
appena nato a Betlemme.
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