sabato 19 dicembre 2015

Avvento XV

Perciò l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e saranno una sola carne.
                                                                                                                                                 Genesi, II, 24

Simeone e Giuseppe accorsero verso Sara.
“Cosa succede moglie?” chiese Simeone.
“Credo che sia arrivato il suo tempo” disse Maria.
“Simeone… sta arrivando…. sta arrivando….” diceva Sara urlando.
“Una levatrice…. MI SERVE UNA LEVATRICE SUBITO!” gridò Simeone in preda al panico.
Devo dire che provai una certa emozione; era la prima volta che assistevo a quel evento nel mondo degli Uomini. Certo avevo visto molte cose, ma la mia attenzione era sempre stata riservata ad altri giorni, altre questioni, altri eventi…. ma quello era davvero incredibile!
Purtroppo moltissimi rimasero indifferenti, altri non sapevano che fare, altri ancora venivano a vedere cosa stava succedendo e basta.
“Calma, calma- disse Giuseppe- ci serve un posto dove possa sistemarsi, un luogo riparato.”
“Voi- disse il panettiere accanto alle panche- venite nella mia bottega! È abbastanza largo lì dentro.”
Un aiuto improvviso ma davvero provvidenziale. Per fortuna non fu l’unico: l’ufficiale imperiale aveva abbandonato il suo posto e si era avvicinato alla fonte delle urla.
“Cosa succede qui? Cos’è questo trambusto?” chiese.
“Mia moglie! È mia moglie!” Simeone non riusciva a dire altro, mentre Maria e Giuseppe aiutavano Sara ad entrare nella porta che il fornaio aveva aperto.
“Mi serve una levatrice subito!” diceva Simeone completamente in preda al panico.
“Calma…. Non perdiamo il controllo. Guardie! Correte immediatamente dal rabbì e da chiunque altro: sta per nascere un bambino e serve aiuto” l’ufficiale aveva compreso la situazione e cercava di aiutare per quanto possibile.
“Simeone- disse Maria arrivata accanto a quest’ultimo- abbiamo sistemato Sara ma ha bisogno di te, ti sta chiamando.”
Era vero: per strada si sentivano le urla della donna che invocava il nome di suo marito.
“Vai da lei- disse l’ufficiale- i miei uomini troveranno chi può aiutarla.”
“Giuseppe può farlo” disse Maria.
In quel momento il falegname di Nazaret uscì dalla bottega del fornaio e incontrò lo sguardo del segretario del re.
“C… cosa?” chiese Simeone.
“Poiché anche io avrei potuto partorire in questo viaggio Giuseppe ha imparato come fare se fosse stato necessario” disse Maria guardando il suo sposo.
“Ma lo ha già fatto?” chiese Simeone.
“Come?” domandò Giuseppe.
“Lui può farlo” insistette Maria.
“Cosa?”
“Giuseppe- disse Maria rivolta al marito- tu puoi aiutare Sara, così come puoi aiutare me, non è vero?”
“Sì, io penso che….?”
“TU PENSI?” urlò Simeone.
In quel momento un nuovo grido venne da dentro la bottega e il fornaio uscì dicendo che a Sara si erano appena rotte le acque. Di levatrici per far nascere il bambino nemmeno l’ombra.
“Simeone- disse Giuseppe- mi ero preparato per mia moglie, posso aiutare la tua e se me lo permetti lo farò!”
Dopo qualche momento di esitazione Simeone corse dalla moglie con Giuseppe alle calcagna e Maria che entrava più lentamente.
Non troppo lontano, a Gerusalemme, Belfagor continuava a sorvegliare Erode, non aveva bisogno di bisbigliare pensieri malvagi al re, questi ne stava già facendo di suoi davvero oscuri. L’amore degli Uomini per il potere…. non lo capirò mai.
Improvvisamente Belfagor sentì un richiamo: era lo spirito messaggero che tornava da lui con un messaggio dall’imperatore del doloroso regno.
“Ti saluto forte Belfagor” disse rispettoso lo spirito.
“Quali nuove?” chiese il demone maggiore.
“Ho riportato le tue notizie e il tuo rapporto al nostro re e lui ti manda questa risposta: Segui Erode, continua ad influenzarlo, continua a impregnargli il dubbio. Non appena i Magi dell’Oriente torneranno fai in modo che Erode trovi il bambino e lo uccida e se quelli non riferiranno ad Erode come riconoscere il bimbo allora fai sì che quel uomo ordini che siano uccisi tutti i figli di Rachele. Grandi pene ti aspettano se permetterai che un bimbo nato tra i pastori di Betlemme cresca per togliermi il mio regno!”
Questo messaggio del suo re era stato più che sufficiente perché uno dei demoni più pericoloso dell’Inferno fosse pronto a bruciare un mondo intero.
A Betlemme le urla di Sara erano sempre più forti, ma Giuseppe non era solo: ogni sua azione era vigilata e ben guidata. Fortunatamente le donne di Nazaret, amiche e parenti del falegname, gli avevano insegnato bene come comportarsi nel caso non ci fosse stato nessun altro ad aiutare sua moglie durante quel viaggio.
Maria era accanto a Sara, mentre Simeone le teneva una mano. Era stato necessario legarla ad una trave del soffitto, ma era abbastanza comoda e il fornaio stava riscaldando dell’acqua in un catino sul suo forno.
A Gerusalemme Erode osservava il panorama dalle sue mura: la terra brulla tra le mura di Gerusalemme e il paese di Betlemme era molto calma in quel momento; nessuno stava viaggiando, e i Magi erano lontani ormai, erano partiti subito dopo aver ingaggiato una guida per la loro reale destinazione. In effetti avevano anche constatato che io stavo brillando proprio sopra Betlemme.
Erode sentì un suono alle sue spalle: erano dei passi cadenzati, molto pesanti, accompagnati dal tintinnio del metallo: una spada che sbatteva contro il metallo di una sottile armatura a scaglie di pesce. Il capitano della guardia reale era appena entrato nella sala rispondendo alla convocazione del re.
“È tutto pronto?” chiese Erode.
“Sì mio re. Le guardie sono schierate, ho un contingente a cavallo nelle campagne intorno alla città che aspetta il tuo ordine e ho mandato una staffetta ad allertare la guarnigione di Betlemme” disse il capitano.
“Mi raccomando: appena i Magi saranno tornati dovrete partire subito. Seguirete le istruzioni che vi darò alla lettera. Quel bambino non dovrà vedere il suo primo giorno e così il nostro regno non dovrà vedere la fine dei suoi” disse Erode pensando solo che non voleva rischiare che qualcuno usasse quella profezia e quei segni miracolosi per soppiantarlo un giorno, nascondendosi dietro un bambino.
“Mio re…. e se i Magi non tornassero?” chiese il capitano.
“Torneranno…. Altrimenti che siano maledetti….” Erode aveva già pensato a cosa doveva fare.
A Betlemme si udì un pianto molto ben accolto, mentre Sara veniva slegata e aiutata da Maria a sedersi, Giuseppe porse a Simeone il bambino appena nato, pulito e avvolto in un telo.
“Vostro figlio, un maschio sano e forte” disse il falegname.
Simeone non riusciva a dire nulla se non tanti ringraziamenti mentre si avvicinava a sua moglie, anche lei salva e sana. Sara prese suo figlio e lo strinse forte.
“Zaccaria- disse Simeone- il suo nome è Zaccaria come mio padre.”
“Grazie…. Grazie infinite a tutti e due” disse Sara mentre Maria e Giuseppe ammiravano quel bambino appena nato a Betlemme.


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