venerdì 18 dicembre 2015

Avvento XIV

Misericordia io voglio e non sacrificio.
                                                                Matteo, IX, 13

Giuseppe era ancora in fila mentre Maria andò a sedersi con altre donne nella sua stessa condizione su un piccolo cornicione di pietre vicino alla linea di persone in fila davanti al banco del ufficiale imperiale.
Da quel che vedevo molte persone erano davvero esasperate, ma i soldati scoraggiavano qualsiasi lamentela, inoltre quel povero ufficiale addetto al censimento era abbastanza stanco da voler fare tutto il più in fretta possibile.
“Quindi tu chi sei? Da dove vieni? Qual è il tuo mestiere? Da quante persone è composta la tua famiglia?” stessa domanda ripetuta a decine e decine di uomini da giorni. Eppure quel ufficiale poteva dirsi fortunato rispetto ai suoi colleghi che dovevano svolgere quel lavoro in città ben più grandi e con molti più figli e discendenti.
“Mi chiamo Saul, sono un fabbro, sono nato a Betlemme ma vivo ad Ebron. Ho una moglie e tre figli” disse un uomo in coda mentre un altro signore, ben vestito se paragonato agli altri, iniziava a conversare con Giuseppe.
“Certo che qui non se ne può più- disse lui- con questo caldo, ci hanno preso proprio per capre da contare.”
“Tieni- disse Giuseppe porgendogli la sua borraccia- l’ho riempita poco fa, ne ho molta.”
L’uomo prese la borraccia e bevve un lungo sorso.
“Grazie molte, ne avevo davvero bisogno.”
“Non è stato niente.”
“Il mio nome è Simeone” disse quel uomo porgendo la mano a Giuseppe.
Il falegname di Nazaret la strinse e si presentò.
“Da dove vieni?” chiese Simeone.
“Da Nazaret, in Galilea.”
“Sei davvero lontanissimo da casa tua.”
“Io sono nato qui a Betlemme, una volta la mia casa era qui. Tu invece, dove abiti Simeone?”
“Anche io sono nato qui a Betlemme e ci ho passato i primi cinque anni della mia vita. Tu sembri più giovane di me, forse è per questo che non mi sembra di averti conosciuto. Comunque ora abito a Gerusalemme dove ho l’onore di servire il re Erode il Grande come suo segretario” rispose Simeone gonfiandosi di orgoglio.
“Anche tu devi registrarti?” chiese Giuseppe un po’ sorpreso.
“I Romani lo ordinano e il nostro re lo impone: ogni singolo figlio di Israele deve partecipare a questo censimento. Il re mi ha imposto di correre qui in fretta dopo che ieri stesso gli ho organizzato un incontro con i sommi sacerdoti e gli scribi della città. Niente di cui ti possa parlare. Pensa che ho dovuto portarmi fin qui anche mia moglie, credo che dovrà partorire qui in questi stessi giorni e io ora devo esporla come una mucca perché Cesare vuole sapere quanti siamo ad abitare questa terra” Simeone aveva bisogno di questo sfogo.
“Ti capisco davvero Simeone. Anche io ho dovuto portare fin qui mia moglie Maria. Eccola! È quella donna seduta vicino al banco del fornaio” disse Giuseppe indicando Maria che parlava con un’altra donna incinta.
“Ma guarda- disse Simeone- sembra abbia fatto amicizia con mia moglie. La donna con cui sta parlando è la mia Sara e….”
Simeone non finì la frase perché Maria stava chiedendo aiuto mentre Sara iniziava a respirare con moltissimo affanno.


Nessun commento:

Posta un commento