Matteo, IX, 13
Giuseppe era ancora in
fila mentre Maria andò a sedersi con altre donne nella sua stessa condizione su
un piccolo cornicione di pietre vicino alla linea di persone in fila davanti al
banco del ufficiale imperiale.
Da quel che vedevo
molte persone erano davvero esasperate, ma i soldati scoraggiavano qualsiasi
lamentela, inoltre quel povero ufficiale addetto al censimento era abbastanza
stanco da voler fare tutto il più in fretta possibile.
“Quindi tu chi sei? Da
dove vieni? Qual è il tuo mestiere? Da quante persone è composta la tua famiglia?”
stessa domanda ripetuta a decine e decine di uomini da giorni. Eppure quel
ufficiale poteva dirsi fortunato rispetto ai suoi colleghi che dovevano
svolgere quel lavoro in città ben più grandi e con molti più figli e
discendenti.
“Mi chiamo Saul, sono
un fabbro, sono nato a Betlemme ma vivo ad Ebron. Ho una moglie e tre figli”
disse un uomo in coda mentre un altro signore, ben vestito se paragonato agli
altri, iniziava a conversare con Giuseppe.
“Certo che qui non se
ne può più- disse lui- con questo caldo, ci hanno preso proprio per capre da
contare.”
“Tieni- disse Giuseppe
porgendogli la sua borraccia- l’ho riempita poco fa, ne ho molta.”
L’uomo prese la
borraccia e bevve un lungo sorso.
“Grazie molte, ne
avevo davvero bisogno.”
“Non è stato niente.”
“Il mio nome è Simeone”
disse quel uomo porgendo la mano a Giuseppe.
Il falegname di
Nazaret la strinse e si presentò.
“Da dove vieni?”
chiese Simeone.
“Da Nazaret, in
Galilea.”
“Sei davvero
lontanissimo da casa tua.”
“Io sono nato qui a
Betlemme, una volta la mia casa era qui. Tu invece, dove abiti Simeone?”
“Anche io sono nato
qui a Betlemme e ci ho passato i primi cinque anni della mia vita. Tu sembri
più giovane di me, forse è per questo che non mi sembra di averti conosciuto.
Comunque ora abito a Gerusalemme dove ho l’onore di servire il re Erode il
Grande come suo segretario” rispose Simeone gonfiandosi di orgoglio.
“Anche tu devi
registrarti?” chiese Giuseppe un po’ sorpreso.
“I Romani lo ordinano
e il nostro re lo impone: ogni singolo figlio di Israele deve partecipare a
questo censimento. Il re mi ha imposto di correre qui in fretta dopo che ieri
stesso gli ho organizzato un incontro con i sommi sacerdoti e gli scribi della
città. Niente di cui ti possa parlare. Pensa che ho dovuto portarmi fin qui
anche mia moglie, credo che dovrà partorire qui in questi stessi giorni e io
ora devo esporla come una mucca perché Cesare vuole sapere quanti siamo ad
abitare questa terra” Simeone aveva bisogno di questo sfogo.
“Ti capisco davvero
Simeone. Anche io ho dovuto portare fin qui mia moglie Maria. Eccola! È quella
donna seduta vicino al banco del fornaio” disse Giuseppe indicando Maria che
parlava con un’altra donna incinta.
“Ma guarda- disse
Simeone- sembra abbia fatto amicizia con mia moglie. La donna con cui sta parlando
è la mia Sara e….”
Simeone non finì la
frase perché Maria stava chiedendo aiuto mentre Sara iniziava a respirare con
moltissimo affanno.
Nessun commento:
Posta un commento