lunedì 21 dicembre 2015

Avvento XVII

Oh! Assiria, verga del mio furore, bastone del mio sdegno. Contro una nazione empia io la mando e la comando contro un popolo con cui sono in collera perché lo saccheggi, lo depredi e lo calpesti come fango di strada.
                                                                                                                                                            Isaia, X, 5-6
“Portatemi altro vino!” disse il giovane. I due servi strisciarono all’indietro fino alla porta della terrazza per poi alzarsi e correre via da una porta laterale.
Il ragazzo guardò il sole con non curanza, era davvero annoiato malgrado i doveri a cui era sottoposto.
“Come stai?” chiese una voce femminile accanto a lui. Il ragazzo si voltò e vide una donna alta, con abiti di pura seta del lontano Oriente e il diadema del suo rango che rifletteva il sole.
“Mamma…. Sto pensando” rispose lui.
“A cosa?” chiese lei.
“Alla mia decisione” rispose.
“Piccolo….. lo sai come la penso.”
“E tu credi che mi farò strappare le mie terre dai Romani? Il fatto che tu sia nata nella loro terra non mi rende sottoposto al loro re” disse il giovane alzandosi in piedi mentre i servi rientravano con in mano la brocca di vino. Il ragazzo porse loro la sua coppa mentre il servitore la riempiva e faceva un inchino.
“Gradisci del vino mamma?” chiese il giovane.
“No, ti ringrazio. Sai che non mi posso” disse lei.
“Mamma…. Non è necessario ormai…”
“Un giuramento è un giuramento! Quando rimasi incinta giurai a tutti gli dei del cielo, del mare, della terra e degli inferi che, se mio figlio fosse diventato il Grande Re, non avrei mai più toccato una sola goccia di vino. Se gli dei ti ascoltano fai sempre bene a non dimenticarli.”
“Mamma….gli dei ei Romani non esistono, esiste il dio della luce e il dio della tenebra, esiste il Creatore, esiste Dio. Io ho sempre rispettato le tue credenze, ma stai attenta quando ne parli con me” disse il giovane sorseggiando la sua bevanda.
“Figliolo…. Non credo che dovresti bere così” disse la madre facendo attenzione.
“Andatevene!” disse ai servi.
“Non è stato un grande giuramento- disse il figlio- ho provato tutti i vini del mondo. Ne ho il disgusto!”
Detto questo il giovane si sedette su uno dei divani.
“E allora perché ne bevi tanto?” chiese la madre.
“Perché tutti i grandi uomini bevono il vino. Anche zio Orode dice che un Grande Re deve essere capace di distinguere un buon vino da uno di minor qualità….”
“Tuo zio Orode non sa niente del mondo. Lui crede di essere un grande uomo solo perché è bravo ad uccidere.”
“Mio padre beveva moltissimo vino…. e lo reggeva benissimo” disse il giovane guardando il cielo.
“Tuo padre era un vero Gran Re….. ma non certo perché beveva. In realtà nemmeno lui amava molto questo tipo di bevande.”
“Ti manca?”
La madre rimase qualche momento in silenzio prima di guardare suo figlio e dire: “Sì…. mi manca molto.”
“Vorrei che fosse vivo…. che fosse al suo posto. Lui sì che sarebbe riuscito a scacciare i Romani oltre l’Asia.”
“Tuo padre avrebbe saputo fare la cosa giusta in questi casi e tu devi avere la forza di fare altrettanto. Innanzitutto non dare ascolto a tuo zio Orode.”
“Madre…. che ne sarà di noi se lasceremo che i Romani ci tolgano, pezzo per pezzo, il nostro regno?”
“Ma cosa ti importa dell’Armenia? Non c’è niente lassù, solo montagne, pascoli, nulla tranne i pastori.”
“I Romani potrebbero invaderci con maggior facilità da quella posizione strategica.”
La madre sospirò: “I Romani si muovono con grandi eserciti ed equipaggiamenti pesanti; i terreni dell’Armenia non permetterebbero loro delle vere manovre, non senza essere individuati e respinti dalla veloce e letale cavalleria dei Parti. Questo Augusto lo sa.”
“E perché allora  Augusto vuole l’Armenia secondo te?” chiese ancora il ragazzo.
“Perché il re Tigrane non è ben voluto dal suo popolo: Augusto può assicurargli il regno, come ha fatto con quel Erode in Giudea, e così evitare l’ascesa di un altro sovrano al posto di Tigrane che potrebbe far ricominciare il brigantaggio a danno sia dei Romani che dei Parti. Ma per ora i Romani sono in grado di ottenere questo risultato, i Parti no. La verità è che Orode è al comando di un esercito letale ma impreparato per pacificare una regione come l’Armenia.”
La madre era sempre stata capace di ispirare il figlio, quando il defunto marito. Non per niente era chiamata Musa Italica, la fonte di ispirazione venuta da quella misteriosa e leggendaria terra in cui era stata capace di fiorire Roma.
“Mamma…. Io devo dimostrarmi forte e quindi partirò. Andrò con Orode e gli altri generali e farò guerra a Tigrane, se necessario sconfiggerò anche Roma per….”
“Questo è ridicolo: non ti servirà a niente far soffrire la tua gente se morirai. Non devi andare in guerra contro i Romani perché potresti essere sconfitto.”
“COME OSI….?”
“Guarda!” disse la donna porgendo a suo figlio un piccolo papiro.
“È arrivato poco fa, lo manda tuo fratello dal fronte oltre la Mesopotamia.”
Il ragazzo prese il papiro e lo srotolò. Lesse, constatando che era davvero un dispaccio dei suoi ufficiali più fidati.
“Chi è….. Gaio Cesare?” chiese.
“È il nipote di Augusto. Tra i Romani è ciò che sarà tuo figlio quando lo metterai al mondo. È stato mandato ad incontrare re Tigrane e a concludere il trattato di cui il Romano Licinio aveva parlato” disse la madre.
“Si stanno incontrando in Siria….”
“E Gaio Cesare si è portato un esercito di ventimila Romani, e può contare sul sostegno degli Armeni, dei Giudei e delle legioni romane in Egitto” disse la Musa Italica sapendo che suo figlio si era reso ormai conto della situazione.
“Cosa devo fare?” chiese lui.
La madre abbracciò il figlio e gli sussurrò all’orecchio: “Dichiarati favorevole al patto tra Tigrane e Gaio Cesare…. Quando verrà il tempo potrai coprirti di gloria con grandi vittorie su tutti i tuoi nemici. Per ora resta nel tuo regno e preparati.”
Poche ore dopo uno scriba si sedette in una sala poco distante dalla terrazza dove era appena avvenuto il piccolo banchetto. Era un vecchio maestro del ragazzo e questo non pensava affatto a fargli rispettare l’etichetta.
“Sei pronto?” chiese il giovane non appena sua madre fu entrata nella stanza.
“Come da te comandato ho scritto un testo in base alle tue parole, spero ti soddisferà” disse lo scriba.
“Leggi dunque” disse la Musa Italica.
Ad un cenno del figlio di quest’ultima, il ragazzo seduto sulla sua bella sedia di ebano, l’anziano scriba lesse: “Io, Fraate, Re dei Re, Grande Re dei Parti, dei Persiani, dei Medi, dei Caldei e degli Assiri, mando i miei saluti a Gaio Cesare, figlio di Giulia e di Marco Agrippa, figlio di Augusto e gli auguro pace….”
Con quel messaggio il ragazzo, il Gran Re Fraate (detto Fraatace, il piccolo Fraate) approvava il trattato con cui Tigrane diventava un re federato di Roma, proprio come Erode. Tutto questo lo vidi accadere qualche tempo prima del giorno che dovevo annunciare.
I Parti non erano forti in quel periodo, in realtà non lo sarebbero stati nemmeno quando Orode prese il posto di Fraate, per pochissimo tempo. Tuttavia i Parti, come gli Assiri, i Babilonesi e i Persiani che li avevano preceduti, sarebbero rimasti saldi a punire la superbia del grande Occidente quando fosse stato necessario.
Stavo ripensando a quel giorno, osservando gli eserciti dei Parti schierarsi a Oriente e tenendosi a debita distanza dagli accampamenti dei Romani quando.
“Scusami ma è una cosa urgente” disse Gabriele passandomi accanto.
“Un altro messaggio importante? Ormai visti la terra più di…..”
“Non fare nomi- disse l’arcangelo interrompendomi- Devo andare dai tre saggi d’Oriente, quei Magi. Hanno promesso al re Erode di andare da lui a dirgli come riconoscere il Re Bambino.”
“Sì ma lo Sterminatore ha mandato via quei due diavoli, l’ho visto io.”
“Sì…. ma questo non cambia che quei pensieri orribili Erode li avesse già nel suo cuore e li avrebbe maturati anche senza quei due diavoli. Devo avvertire i Magi di non tornare a Gerusalemme ma di fuggire dopo aver onorato il Re Bambino.”
“Ma Erode manderà comunque i suoi soldati a cercarlo dopo la sua nascita” dissi io in angoscia.
“Non temere, dopo la nascita avvertirò anche Giuseppe. Lui ha detto di averlo scelto anche perché ha dei parenti in Egitto che lo ospiteranno lì, con la moglie e il Bambino, fuori dalla portata di Erode.”
“Ma io ho sentito cosa Erode intende fare se i Magi non gli dicono quale dei bambini di Betlemme è quello che cerca” dissi io.
Gabriele mi guardò con rammarico e disse: “Le Scritture si devono compiere: Rachele dovrà piangere i suoi figli.”
Detto questo l’arcangelo messaggero volò verso la Terra dove i Magi stavano riposando.



Nessun commento:

Posta un commento