Attila, re degli Unni e condottiero barbarico che fondò un grande Khanato nomade che andava dall'Austria ai monti Urali.
Salito al potere del suo popolo (a dire il vero una sorta di confederazione di diverse tribù e nazioni, più che una sola entità etnica) con suo fratello Bleda, dopo aver ucciso il fratello invase l'Impero Romano d'Oriente, arrivando però a concludere un ottimo affare con l'Imperatore e accettando di invadere l'Occidente. Durante questa campagna però, Attila non riuscì a raggiungere le fertili terre della Gallia perché fu fermato dal generale Ezio, detto l'Ultimo dei Romani. Dopo quella sconfitta il re degli Unni si riorganizzò e invase l'Italia con l'intento di distruggere Roma, la sua potente invasione del Veneto spinse molti a fuggire e a rifugiarsi nella laguna sopra l'Adriatico, costruendo dei rifugi che poi sarebbero cresciuti fino a diventare la splendida Venezia. Fu fermato da Papa Leone che, in qualche modo, lo convinse a ritirare dall'Italia la sua armata già martoriata da un'epidemia di malaria. Morì qualche tempo dopo, il 16 marzo del 453, ucciso forse dai suoi figli alla prima notte di nozze con l'ennesima moglie.
Il Flagello di Dio che rese possibile la fondazione di Venezia e che gli Ungheresi considerano il primo vero re della loro patria, infatti Attila significa "Piccolo Padre".
Ben diverso Tiberio Claudio, figlio di Livia Drusilla, moglie di Cesare Ottaviano Augusto e del suo primo marito, il cesariano Tiberio Claudio Nerone, nel 12 d.C. fu associato all'Impero da Augusto e venne da lui nominato suo successore e figlio adottivo. Tiberio discendeva dalla gens Claudia, un'illustre stirpe quasi quanto la gens Julia e fu il secondo Imperatore Romano, malgrado le alterne vicende e le differenti fortune che colsero il suo dominio e la sua ascesa.
Lui era il Cesare riprodotto sulla moneta che Gesù esaminò prima di dire:
"Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio"
Morì il 16 marzo del 37 d.C. lasciando la sua eredità e la sua esperienza come monito per i suoi successori.
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