giovedì 24 marzo 2016

Racconto di Pasqua XIX

Poi, messolo in catene, lo condussero e lo consegnarono al governatore Pilato.
                                                                                                                             Matteo, XXVII, 2

Claudia si svegliò urlando.
“Che succede?” le chiese Ponzio Pilato.
“Quel uomo… quel uomo… lo sogno tutte le notti… quel uomo…”
Pilato non sapeva più cosa fare; ormai erano diversi giorni che sua moglie sognava un uomo misterioso tormentato e torturato… qualcosa che non le dava pace.
Si stavano ancora alzando quando uno dei servitori bussò alla porta della loro camera da letto.
“Procuratore- disse il servo- Caifa è alla porta del tribunale, chiede di parlarti con tutto il Sinedrio!”
“Ma è appena l’alba… cosa vogliono quei cenciosi adesso?”
“Procuratore… dovresti venire alle porte…”
“Cosa…? Ah, sì… sì….” a Pasqua i Giudei non possono entrare in casa di uno straniero per non diventare impuri. Pilato diede un bacio a sua moglie e corse a farsi mettere la prima toga che trovò. In tutta fretta il procuratore raggiunse le sue guardie che presidiavano l’ingresso e fu particolarmente preoccupato nel vedere la folla rabbiosa che si era radunata davanti alla sua procura. Riconobbe il Sommo Sacerdote Caifa e i suoi collaboratori, accanto ad essi un uomo incatenato e sanguinante. Era stato picchiato selvaggiamente.
“Saluto, a nome di Roma e di Cesare, il Sommo Sacerdote e gli illustri membri del Sinedrio” disse Pilato mantenendo la cortesia più formale possibile.
“Ti ringrazio e ricambio i saluti a te, procuratore Pilato e a Roma e a Cesare” rispose Caifa allo stesso modo.
“Posso, rispettosamente chiederti, cosa ti porta qui alle soglie della mia domus, nobile Caifa?”
Il Sommo Sacerdote strattonò l’uomo sanguinante in modo che Pilato potesse vederlo in faccia.
“Costui è Gesù di Nazareth. Ha commesso diversi crimini per cui merita di essere condannato!” disse Caifa ottenendo un grande grido di approvazione dagli altri uomini radunati con lui.
“Perché lo portate qui da me? Giudicatelo e punitelo secondo le vostre leggi!” disse Pilato tremando all’idea di essere trascinato in un’altra disputa dei Giudei.
“Nobile procuratore, noi abbiamo giudicato quest’uomo non solo perché bestemmia contro il Tempio, ma anche perché da diverso tempo sobilla il popolo contro Roma e proibisce che si paghino i tributi dovuti a Cesare. Per questi crimini egli è nemico sia di Giuda che di Roma e il Sinedrio lo ha condannato a morte! Lo abbiamo portato da te perché sappiamo che, l’applicazione di tali sentenze, è prerogativa dei funzionari di Cesare, come prevede la Pax Romana.
Caifa non aveva torto e Pilato non poteva ignorare simili accuse. Inoltre aveva sentito parlare di quel Gesù e decise di esaminarlo.
“Molto bene- disse Pilato- lo prendo in custodia per esaminarlo al fine di darvi una chiara e tempestiva risposta!”
“Grazie illustre Pilato… noi aspetteremo con pazienza il tuo giudizio!” quella era la più terribile minaccia che un uomo come Pilato potesse temere di ricevere.
Poco dopo quel Gesù gli fu portato davanti, aveva ordinato che gli venisse per lo meno pulito il sangue… ora il suo volto era visibile. Rimaneva comunque legato e vestito di stracci lacerati, eppure era alto e dritto, al procuratore diede l’impressione di essere un uomo particolarmente forte.
“Dicono che tu sia il re dei Giudei. È così? Sei re?” chiese Pilato.
“Tu lo dici” rispose Gesù.
Pilato sapeva che quella era un’espressione di conferma.
“Re dei Giudei?”
“Il mio regno non è di questo mondo, altrimenti le mie guardie avrebbero combattuto per non farmi arrestare. Ciò non è accaduto perché il mio regno non è di questo mondo.”
Un legionario si fece avanti, Pilato lo conosceva bene; si chiamava Pullone ed era al suo servizio da diversi anni, sapeva addirittura parlare la lingua dei Giudei.
“Chiedo venia procuratore….”
Pilato fece un cenno.
“Io ho visto quest’uomo spesso a Gerusalemme e molti Giudei parlano di lui; non ha un esercito, non ha complici tra le autorità del popolo, non ha nemmeno una casa. È solo un rabbì che vaga per il Paese con dei seguaci insegnando le Scritture alla gente comune.”
“Dicono che proibisce che si paghino le tasse” disse Pilato.
“Anche questo non è vero procuratore. Alcuni giorni fa era in una delle piazze cittadine, un membro del Sinedrio gli ha chiesto se è lecito pagare i tributi a Cesare- Pilato ascoltò con interesse- lui si è fatto dare un sesterzio, lo ha esaminato e ha chiesto di chi erano il volto e il nome riprodotto su di esso. Ovviamente gli hanno detto che erano del Princeps Cesare Tiberio Augusto e lui ha risposto: Date dunque a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio. Molti suoi amici sono pubblicani e lui raccomanda loro di fare il loro dovere senza prendere dalla gente più di quanto dovuto.”
Dopo questo discorso di Pullone il procuratore fu ancora più amareggiato.
Un uomo del popolo, di cui il Sinedrio aveva paura e contro cui erano disposti a costruire prove false, che i sostenitori di quel Gesù avrebbero contestato, facendo rischiare un’ondata di caos nella provincia…. e quindi l’ira dell’Imperatore.
Pilato tornò a guardare quel uomo. Era innocente, al massimo lo si poteva rimproverare di aver insultato il Sinedrio… ma Pilato era un procuratore dell’Impero Romano, non un carnefice.
“Posso sentire molti che diranno molte cose su di te… ma tu? Non hai nulla da dire su ciò di cui ti accusano?”
“Io ho sempre parlato a tutti con semplicità e chiarezza, dicendo sempre la verità. Io sono venuto nel mondo per dare testimonianza della verità. Chiunque è dalla parte della verità ascolta attento la mia voce!”
Pilato gettò a terra tutti i documenti sulla sua scrivania e il calamaio che andò in frantumi… non ne poteva più di quel modo di parlare…. di quell’arroganza.
“LA VERITA’? LA VERITA’? LA VERITA’? …. Da dove vengo io ci sono quasi mille divinità adorate in tutto il Paese, molti adorano gli spiriti dei loro antenati…. altri adorano l’Imperatore e venerano il divus Augustus e il divus Julius che nacquero uomini… in Grecia, dove vivrebbero molti di questi dei, molti dicono che non c’è altra realtà oltre la logica…. Ho conosciuto un Persiano che mi disse che solo il Nulla è la verità e bisogna cercare di ottenerlo per uscire dall’abisso della vita che è una prigione per l’anima, ma altri Persiani venerano il Fuoco e dicono che solo loro sono nel giusto ma che il culto può passare solo di padre in figlio…. e voi Giudei con il vostro Dio unico…. e i Germani con i loro spiriti…. e altri…. con dei, re, logiche, scienze, congiure…. tutti a dire la verità….. la verità….. la verità….. LA VERITA’! MA COS’E’? COS’E’?....”
Pilato guardò Gesù e glielo chiese ansimando: “Che cos’è la verità?”
Il Nazzareno non gli rispose, ma lo fece un’altra persona.
“Ponzio…” era Claudia, entrata nello studio del suo sposo che subito ordinò che fosse portato via l’imputato.
“Cosa ci fai qui?”
“È lui!”
“Ma di cosa parli?”
“L’uomo che compare nei miei sogni… è lui…”
“Ma che dici? Claudia vai a riposare….”
“Non fargli del male! Ti prego è innocente…. Non merita di morire…. Non merita alcun male!”
Una serva trascinò via Claudia mentre Pilato rimaneva bloccato a pensare….
Insomma c’era una legge da rispettare: sia a Roma che a Gerusalemme quel uomo non aveva prove sufficienti per una condanna a morte.
Pilato si ritrovò davanti al popolo di Gerusalemme, si fece coraggio e disse: “Mi avete portato quest’uomo perché lo esaminassi, l’ho fatto e non ho trovato in lui nessun motivo di condanna a morte. Lo farò flagellare per i disordini che ha causato, ma poi lo rimetterò in libertà, come prevede la legge!”
“Ma cosa dici?- gridò Caifa sostenuto dalla rabbia del Sinedrio- Sono tre anni ormai che quel Galileo porta scompiglio con i suoi insegnamenti in tutto il Paese…”
“Un momento- disse Pilato cogliendo una possibile via di fuga- nobile Caifa…. hai detto che costui è un Galileo?”
“Sì…. è così.”
“E allora perché lo avete portato da me? Quest’uomo, come tutti i Galilei, è un suddito del tetrarca Erode Antipa e quindi sottoposto alla sua giurisdizione!”
“Ma è qui a Gerusalemme che si è proclamato re!”
“Non ha importanza! Solo il tetrarca ha il diritto di emanare una sentenza nei suoi riguardi. Portatelo da Erode Antipa, che per vostra fortuna si trova proprio qui a Gerusalemme in occasione della Pasqua!”

I Giudei ripresero il Galileo e lo portarono dal tetrarca, mentre Pilato pensava che forse l’Imperatore non avrebbe avuto motivi di rancore nei suoi riguardi almeno per quell'occasione.

Nessun commento:

Posta un commento