martedì 22 marzo 2016

Racconto di Pasqua XVIII

Ti scongiuro, per il Dio vivente, di dirci se tu sei il Messia, il figlio di Dio.
                                                                                     Luca, XXVI, 63

Quaranta membri sui settanta del Sinedrio, non erano abbastanza per compiere un processo, eppure il Sommo Sacerdote aveva fatto preparare gli atti di quel processo, senza ritegno. Giuseppe d'Arimatea, uno dei dottori della Legge, non lo poteva tollerare ma doveva rimanere per forza in quella sala e sperare che un briciolo di criterio entrasse nei cuori dei suoi colleghi.
Improvvisamente il Sommo Sacerdote si alzò e invocò il silenzio dell'assemblea. Il Sinedrio, il consiglio a cui era affidata la guida del popolo di Giuda, osservò quel Nazzareno che veniva introdotto legato e sanguinante. Lo avevano picchiato.

Nel cortile Pietro si era seduto vicino ad un fuoco, i servi dei membri del Sinedrio si stavano riscaldando e lamentando moltissimo. Era quasi l'alba, l'alba della Pasqua, bisognava festeggiare invece di rimanere in piedi e correre tutta la notte. Per chi poi? Per quel rabbì dalla Galilea? Ma chi era quel uomo per far sgobbare tanta gente?
Una serva stava passando con del vino (Anna, il suocero del Sommo Sacerdote Caifa, voleva che quei servitori fossero mantienuti calmi). Quella donna servì una piccola coppa ad un uomo accanto a Pietro e lo guardò, illuminato dal fuoco.
"Ma io ti conosco- disse- eri uno di quelli che seguivano il Nazzareno."
Pietro fu colto dall'angoscia; se lo avessero scoperto avrebbero anche potuto arrestarlo, o peggio.
"Ti sbagli... non so di cosa parli" disse Pietro.

Un membro del Sinedrio indicò Gesù e disse: "Quest'uomo, Gesù di Nazaret, è accusato di aver sobillato il popolo contro il Sinedrio, di aver insegnato bestemmie, violato il sabato e compiuto diverse violazioni della Legge."
"I testimoni di questo?" chiese il Sommo Sacerdote Caifa.
Furono introdotti alcuni uomini, Giuseppe li conosceva: erano servitori di alcuni suo colleghi membri dell'assemblea.
"Io ho visto quest'uomo, questo Gesù, mangiare insieme ad un pubblicano di nome Zaccheo, a Gerico. Un noto pubblico peccatore" disse uno di essi.
"Io l'ho sentito dire che bisogna fare una grande rivolta contro i Romani per fondare un nuovo regno di cui lui sarà re" disse un altro.
Dopo altri interventi simili, un altro testimone disse di averlo sentito dire che bisogna pagare il tributo a Roma senza discutere.
"Membri del Sinedrio- disse Giuseppe d'Arimatea- poco fa abbiamo udito qualcun altro dire che il Nazzareno avrebbe incoraggiato una rivolta contro Roma. Questa è una contraddizione molto grave che rende dubbie tali testimonianze!"
"Lasciamo che i testimoni concludano..."
"Che cosa? Io fino ad ora ho visto solo servi di quest'assemblea e dipendenti del Tempio che sono venuti qui a dire cose senza fondamento e molto contraddittorie tra loro! E dov'è il resto del Sinedrio? Sommo Sacerdote non è ammissibile ciò che sta accadendo qui!"
Caifa si alzò e guardò Giuseppe negli occhi, era pieno di collera; "L'imputato avrà presto modo di controbattere, fino ad allora ascolteremo tutto ciò che i testimoni hanno da riferire per sapere esattamente per cosa esso deve essere condannato!"
Fino ad allora Giuseppe aveva sperato che il verdetto di quel processo non fosse ancora scritto.

Un altro dei servi si avvicinò a Pietro e gli disse: "Ma sì, anche io ti ho visto vicino a lui quando è entrato in città!"
"Ti sbagli, io non lo conosco!" disse Pietro alzandosi e sentendo il bisogno di scappare.

"Costui- disse il dottore della Legge Amos- da anni viaggia per tutto il Paese: in Galilea, in Giudea, in Samaria, convincendo la gente a dare via ciò che possiedono per sfamare gli straccioni e a vivere essi stessi come straccioni al suo seguito."
"Non possiamo di certo condannarlo a morte per questo" borbottò un collega di Giuseppe vicino a lui.
"È un uomo buono! Ha guarito moltissimi e fatto cose prodigiose... è un uomo di Dio" gli rispose un collega a bassa voce.
"Per questo è pericoloso e il Sinedrio lo teme. Teme l'influenza che ha sulla nostra gente."
Quel dialogo svelò a Giuseppe tutto il disegno.
"Questo Gesù annuncia un Regno nuovo e proclama una nuova Legge. Ma noi siamo i figli si Israele! Noi abbiamo già la Legge... la Legge che Dio ci ha donato attraverso il profeta Mosè!" declamò Amos.
"Costui dunque.... parla contro la Legge?" chiese Caifa.
"Peggio! Parla contro il Tempio!" rispose Amos.
Caifa guardò Gesù e gli domandò: "Nazzareno... non hai nulla da dire contro coloro che ti accusano?"
"Io ho sempre parlato a tutti con semplicità e chiarezza, nelle sinagoghe e nel Tempio dove tutti ci riuniamo. Ma perché mi chiedi di dare testimonianza di me stesso? Interroga coloro che mi hanno ascoltato! Ti diranno loro cosa ho detto!"
"Ma come ti permetti di parlare così al Sommo Sacerdote?" disse uno dei servi che schiaffeggò Gesù.
"Se ho parlato male, Caifa, dimmi dov'è il male che ho detto. Ma se ho parlato bene, allora dimmi perché mi percuoti" rispose lui sempre guardando Caifa.
In quel momento entrarono altri due uomini, i due ultimi testimoni.

Alcuni uomini si avvicinarono a Pietro e insistettero: "Anche tu eri con lui. Ti abbiamo sentito parlare, hai l'accento dei Galilei proprio come coloro che lo seguivano!"
"Ma come ve lo devo dire? MALEDIZIONE.... NO! IO NON CONOSCO QUEL UOMO!"
Detto questo Pietro uscì dal cortile terrorizzato e udì uno dei galli di Caifa cantare al Sole appena sorto. 
Lo aveva fatto... aveva rinnegato il Maestro... proprio come gli aveva predetto. Corse via, senza sapere dove, piangendo.

"Io l'ho sentito- disse uno dei due- proprio lui. Ha indicato il Tempio e ha detto di poterlo distruggere e ricostruire in tre giorni!"
"È la verità, anche io l'ho sentito, ha detto che avrebbe distrutto quel Tempio fatto dagli uomini e in tre giorni ne avrebbe costruito un altro fatto non dalle mani degli uomini" disse l'altro testimone facendo crescere un mormorio molto sinistro tra i membri del Sinedrio.
Caifa allora si alzò in piedi e si avvicinò a Gesù con un volto pieno di collera.
"Questa è una bestemmia terribile da dire... Nazzareno, non hai nulla da ribattere su ciò di cui sei accusato?"
Gesù lo guardò in silenzio.
"Non hai niente da dire?" chiese ancora Caifa.
Stava in silenzio.
"RISPONDI!"
Silenzio.
Caifa sospirò... non era ancora abbastanza.
"Gesù di Nazaret... io ti supplico, per il Dio vivente, affinché tu ci dica se sei davvero il Messia... Rispondi... Sei tu? Sei il Messia? Sei il Figlio di Dio?"
"Tu lo dici- disse Gesù rivolgendosi a Caifa e al Sinedrio- Se ve lo dico voi non mi credete, se vi interrogo su questo voi non sapete rispondermi. Ma in verità io vi dico: d'ora in poi vedrete il Figlio dell'Uomo seduto alla destra della Potenza di Dio, venire sulle nubi del Cielo!"
"Ma allora lo dichiari? Tu Nazzareno dichiari davvero di essere il Messia, Figlio di Dio?" chiese un altro membro del Sinedrio davvero sconcertato.
"Voi lo dite... IO LO SONO!"
Tutti i membri del Sinedrio rimasero come... paralizzati. Persino Giuseppe d'Arimatea era incredulo davanti a ciò che vedeva.
Caifa alzò le braccia al cielo e poi si stracciò la veste sacerdotale, segno dello sconvolgimento per ciò che aveva appena udito.
"Avete.... avete.... avete sentito? AVETE SENTITO? AVETE SENTITO TUTTI? HA BESTEMMIATO! SI È DICHIARATO FIGLIO DI DIO!"
Dopo questo grido del Sommo Sacerdote la stragrande maggioranza del Sinedrio gridò contro Gesù, chiedendone la crocifissione.
"CHE BISOGNO ABBIAMO DI ALTRI TESTIMONI? NOI SIAMO TUTTI TESTIMONI! TUTTI NOI ABBIAMO UDITO LA BESTEMMIA DALLA SUA STESSA BOCCA! CHE VE NE PARE? COSA DITE? COSA DITE DI LUI?"
"A MORTE! A MORTE! A MORTE!" gridarono i dottori della Legge.
"IL SUO CRIMINE È DA PUNIRE CON LA MORTE PER CROCIFISSIONE! PORTIAMOLO DA PILATO!" gridò ancora Caifa.
Così Gesù fu picchiato ancora e trascinato dal procuratore Pilato per essere messo a morte.

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