giovedì 24 marzo 2016

Racconto di Pasqua XX

Non sono responsabile di questo sangue, disse, vedetevela voi!
                                                                                                              Matteo, XXVII, 24

Era fatta; quel Nazzareno era nelle mani di Erode Antipa, legge rispettata e, in caso di disordini, l’Imperatore avrebbe dato la colpa al tetrarca.
All’ora terza, tuttavia, Pilato sentì di nuovo un tumulto fuori dalla sua dimora.
“I Giudei procuratore…. sono tornati e sono più numerosi e agitati” disse un servo quasi con la paura di parlare.
Il centurione di comando aveva già fatto schierare i soldati e mandato segnali alle guarnigioni vicine.
Pilato si ripresentò all’ingresso del tribunale e vide quel Galileo vestito di porpora, ma ancora in catene.
“Il tetrarca Erode- disse Caifa- ha detto di non avere elementi per condannare a morte quest’uomo. Lo rimanda a te…. Dopo avergli fatto indossare degli abiti per scherno!”
Gesù venne di nuovo portato nel tribunale. Era assurdo: cinque giorni prima era stato accolto a Gerusalemme in trionfo e ora quella folla lo voleva morto a tutti i costi. Quei Giudei erano davvero incomprensibili per Pilato.
“Cosa dovrei fare?- chiese il procuratore al Nazzareno incatenato davanti a lui- cosa dovrei fare? Ti rendi conto di cosa ti accusano?..... RISPONDIMI! MA NON LO SAI CHE IO HO IL POTERE DI LIBERARTI O DI METTERTI A MORTE?”
“In verità tu non avresti alcun potere su di me se non ti fosse stato dato dal alto, perciò chi mi ha consegnato ha te ha una colpa più grave.”
“Cosa?.... Che vuoi dire?”
“Che devi fare ciò che devi!”
Quelle furono le ultime parole del Nazzareno rivolte a Pilato il quale non poté farsi dire più niente da lui.
Non voleva condannarlo: non c’erano prove, la legge non lo permetteva, sua moglie lo supplicava perché era certa di essere stata avvertita in sogno dell’innocenza di quel uomo. Ma quei Giudei lo minacciavano, c’era una folla che minacciava di assaltare la sua casa e anche se si fosse difeso e i suoi legionari lo avessero salvato… la collera di Cesare Tiberio Augusto… l’Imperatore lo avrebbe distrutto, un esilio che sarebbe stato peggiore della morte.
D’improvviso un’idea, un’illuminazione. La tradizione delle autorità romane di rilasciare un prigioniero per i Giudei durante la Pasqua.
Ponzio mandò ordini alle guardie del carcere e poi si presentò davanti alla folla dei Giudei, ben più numerosa di prima. Gesù era stato messo al suo fianco.
Quando ci fu abbastanza silenzio Pilato raccolse tutto il suo fiato e parlò: “Mi avete portato questo Gesù perché io lo giudicassi, l’ho fatto e non ho trovato nessuna colpa in lui degna di morte. L’ho mandato dal tetrarca Erode Antipa e anch'egli non ha trovato motivo per condannarlo a morte. Perciò sono arrivato alla conclusione che questo… Gesù… meriti di essere fustigato per i disordini che ha causato, ma dopo lo lascerò libero… perché così vuole la legge!”
“Tu non puoi farlo- disse ad alta voce Caifa- perché il Sinedrio ha già giudicato le sue colpe, lo abbiamo già condannato!”
“A MORTE! A MORTE! A MORTE!” gridava la gente di Gerusalemme mentre i legionari si schieravano con i loro grandi scudi.
“Vi prego- disse Pilato- mi rimetto al vostro giudizio! – fece un cenno e venne introdotto Barabba il taglia gole- voi sapete chi è quest’uomo incatenato davanti a voi! È Barabba, un assassino, un ladro! Giorni fa ha partecipato ad una sommossa e ha ucciso un uomo! Oggi è la Pasqua e come prevede la legge io vi rilascerò un carcerato!”
I membri del Sinedrio borbottarono tra loro.
“DITEMI GIUDEI: VOLETE CHE VI RILASCI BARABBA O GESU’, DETTO IL MESSIA?”
“BARABBA! BARABBA!” gridò la folla istigata dai membri del Sinedrio sparsi tra di essa.
Pilato rimase senza parole. Volevano un assassino? Invece di un innocente? Impossibile.
“Che devo fare allora di Gesù?” chiese il procuratore.
“CROCIFIGGILO!” gridarono i membri del Sinedrio e altri intorno a loro.
“Giudei…. Devo crocifiggere il vostro re?”
“NOI POPOLO DI GIUDA NON ABBIAMO ALTRO RE SE NON CESARE!”
“MA CHE COSA VI HA FATTO DI MALE?”
Silenzio. Un uomo, con un abito rosso e dei folti capelli neri si fece avanti tra la folla e gridò: “PILATO, SE SALVI QUEL NAZZARENO NON SEI AMICO DI CESARE!”
I suoi uomini lo guardarono.
Pilato era davvero in trappola. Fece un cenno ai suoi schiavi che gli portarono un catino e una brocca d’acqua.
“GIUDEI! SE VI CONSEGNO QUESTO GESÙ’ E VE LO FACCIO CROCIFIGGERE, IO NON SONO RESPONSABILE DEL SUO SANGUE! ME NE LAVO LE MANI!”
“IL SUO SANGUE RICADA PURE SU DI NOI E SUI NOSTRI FIGLI! CROCIFIGGILO!”
“Portatelo via!- sussurrò Pilato al suo centurione di comando- fatelo fustigare e dopo… al Cranio. Togliete le catene a quel Barabba!”
I legionari eseguirono gli ordini, Barabba corse via tra la folla che lo acclamava e il Nazzareno fu portato via mentre Pilato continuava a lavarsi freneticamente le mani.
“Io non sono responsabile di questo sangue innocente- continuava a dire- Le mie mani sono pulite… non è su di me questo sangue… non sono responsabile…”
Lo guardò, lo fissò negli occhi un’ultima volta… prima che sparisse dietro le porte del tribunale.
“Il tuo sangue non è sulle mie mani... non sulle mie mani… non sono stato io… non sono responsabile… non sono responsabile….”

L’Impero, Roma, Cesare… Pilato… non era responsabile.

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