Tutte queste cose io ti darò,
se, prostrandoti, mi adorerai.
Matteo,
IV, 9
Quando sorse l’alba rimasi ad osservare; si alzava, camminava e girava
vagando nel deserto senza meta e senza ricerca, semplicemente parlando con il
Padre e meditando su ciò che doveva fare. Rifletteva sul fatto che doveva dare
agli uomini la scelta di ascoltarlo, se si fosse mostrato nella sua vera natura
li avrebbe resi schiavi, burattini terrorizzati dalla volontà divina che invece
li voleva salvi ma liberi.
Ed ecco una breccia, una possibilità; da uomo aveva il dubbio.
Lasciandoli liberi di scegliere… quanti ne avrebbe salvati? Da piccolo uomo che
era, falegname di Nazaret, passato per Galilea, Giudea, Samaria, Egitto… poco
più di uno straccione, come poteva pensare di raggiungere tutti i cuori del
mondo?
Mi feci vento, lo presi e lo trascinai verso un luogo che conoscevo
bene, una grande montagna vicino alla quale, tempo prima, avevo ispirato la
fame di grandezza ad un uomo che arrivò fino alla fine del mondo, solo per
veder bruciare tutto quello che aveva costruito.
“Stai bene?” gli chiesi.
Era molto più forte di quello che pensavo, non era stordito dal
trasporto come mi sarei aspettato da un normale uomo, però senza dubbio sapeva
di essere in una situazione molto pericolosa e che non era il caso di essere
imprudente.
“Ormai lo sai che non ti farei mai del male- gli dissi- ti ho portato
qui solo perché voglio mostrarti qualcosa.”
Gli indicai l’oriente, piegai la luce del mondo così che da quella
grande montagna potesse vedere molto lontano. Vide il Regno dei Parti, il loro
immenso esercito di uomini e cavalli, le loro grandi città bianche e tutti i
popoli che si inchinavano al loro Gran Re, che agiva come un dio decidendo
della vita e della morte, della guerra e della pace in tutto il suo vasto
dominio.
Spostai il suo sguardo verso l’India, dove vide tutti i suoi regni, le
foreste, le strade e gli immensi templi degli adoratori dei serpenti e degli
elefanti che si facevano la guerra tra loro mentre i loro re coprivano d’oro sé
stessi, i propri palazzi e i loro parenti avendo sempre le libagioni necessarie
da offrire agli spiriti che vagavano per la loro terra a dispensare magie,
fortune o dolori.
Poco oltre gli feci vedere i sette regni di Qin, consolidati sotto un
grande Huangdì degli Han, che vestito con gemme preziose e abiti di seta, era
guardato e ammirato come il Sole da tutte quelle nazioni capaci di trasformare
foreste in palazzi e di costruire un muro grande come un Paese sulle ossa di
tanti schiavi.
Allora lo feci voltare verso l’occidente, oltre la Grecia, oltre la
Giudea, oltre l’Egitto. Lo diressi verso un luogo che raccoglieva e superava
tutto quello che avevamo appena osservato.
Pensa al mondo intero e racchiudilo in una sola città, a quel tempo
era Roma.
Il grande Impero che si preparava ad accogliere il mondo nel suo
abbraccio e che avrebbe portato gli uomini ad un grandioso futuro a cui Lui
voleva unire il messaggio.
“Vedi quella città? Vedi ciò che è?- gli chiesi- Osserva con
attenzione Nazzareno. Colui che comanda quella città ha il mondo ai suoi piedi,
la sua parola è legge e tutti i popoli del mondo tremano al pensiero delle
legioni che da quel luogo avanzano. Quello è l’Impero! Chi possiede l’Impero è
il più potente, il più temuto e il più amato degli uomini.”
Lui contemplava ciò che gli stavo mostrando, non diceva niente, ma era
evidentemente rapito dalla gloria che aveva davanti.
“Questo è il mio mondo, io decido le fortune dei suoi regni. Con il
mio potere io posso far sì che l’Impero si espanda fino ad assoggettare tutto
quello che hai visto e mandarlo oltre il grande oceano a prendere tutte le
genti che abitano in quelle vaste terre selvagge. Oppure posso far sì che uno
qualsiasi degli altri regni che hai visto metta il mondo e l’Impero sotto il
piede conquistatore. Posso far sì che tutto questo accada in pochissimo tempo,
meno di una generazione, meno di qualsiasi guerra.”
Ora stavo facendo in modo che vedesse il mondo intero, tutti i miei
regni tra gli uomini, l’Impero, la sua patria e ogni nazione della Terra, tutte
gliele misi davanti. Si alzò in piedi per vedere tutto ciò che gli stavo mostrando.
“Ma più di ogni altra cosa… io posso metterti a capo di quella potenza
che porrei sopra a tutte le altre in questo mondo che è mio” gli misi le mani
sulle spalle mentre lo dicevo. Mi ero fatto molto più alto di lui.
“Dalla vetta del mondo, con tutto quel potere, non potranno fare a
meno di ascoltare e fare tesoro di ogni tua parola. Tutte le generazioni
ascolteranno, leggeranno, scriveranno e tramanderanno le gesta, le opere e gli
insegnamenti del più grande uomo mai esistito…”
Avevo adunato alcuni dei miei servi che, invisibili, iniziarono ad
intonare, in tutte le lingue, il nome di quel uomo, acclamato e adorato.
“Tutto questo, tutti i regni e la gloria del mondo, io posso darli a
chi voglio… e li darò a te, se, prostrandoti, mi adorerai.”
Doveva cedere, avrebbe compiuto il suo dovere sì, ma io avrei
dimostrato la mia ragione, gli avrei donato il mondo, per essere da lui
adorato, una sola volta nell’Eternità.
Ma lui si discostò da me, si allontanò dalla mia stretta e si coprì
gli occhi, cosicché la mia visione sparisse.
“Vattene Satana- mi disse con forza- sta scritto: Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto.”
Aveva rifiutato… il mio dono… lo aveva rifiutato. Mi sollevai
assumendo una forma simile alla mia vera immagine, lui non mi guardava.
“A Lui solo rendi culto…. a Lui solo… a Lui solo” continuava a
ripetere.
Emisi il più potente ruggito che avessi mai espresso. Avrei fatto
tremare il cosmo intero se non fosse stata solo la voce della mia ombra.
“Vattene via Satana! Vattene!” disse lui con forza facendomi provare
un dolore come mai avevo sentito. Non potei fare altro che fuggire mentre altri
lo riportavano nel deserto da cui lo avevo preso.
Lo osservai da distante, riconobbi alcuni dei miei fratelli che lo
stavano servendo. Era potente, c’era davvero uno spirito di grandezza in lui,
molto più di quelli che avevo conosciuto sia tra i miei simili che tra gli
uomini.
“Non ti stanchi mai di venire sconfitto?”
Mi voltai, era lo Sterminatore.
“Sei venuto a deridermi di nuovo?” gli chiesi.
“Non resistetti alla tentazione di farlo quando perdesti la tua
scommessa nei riguardi di Giobbe… Lui mi rimproverò aspramente per la poca
compassione nei tuoi riguardi...”
“Cosa? Cos’hai detto?” gli chiesi.
“Che tu ci creda o no, la punizione che ti ha inflitto non è affatto
una gioia… e ormai anche io provo una grande pietà nei tuoi riguardi… per la
tua eterna sconfitta.”
Lo Sterminatore che prova pietà? Questo era assurdo persino per me.
“Hai visto… hai visto…?”
“Certo che sì- rispose- quel Gesù che salverà il suo popolo e tutto il
mondo. Non potevi farlo il tuo Gran Re, lui salverà gli uomini facendosi il più
piccolo tra loro per poi renderli molto di più.”
“Non ci riuscirà- dissi io- sono deboli, corruttibili… dannati!”
“Lui può dar loro una scelta e lo farà con il suo esempio. Niente di
ciò che farai tu potrà opporsi alla sua opera.”
“Fratello… non mi sembravi così comprensivo nei loro riguardi… quando
hai spinto le nubi del Diluvio e hai aperto le cateratte del cielo eseguendo l’ordine
di farti tempesta e di sommergerli tutti.”
Mi osservò con quei suoi occhi oscuri, ma per la prima volta non vidi
collera in lui.
“Tu sai perché fu necessario… ma ora ti prego fratello… lascia che sia
fatta la Sua volontà e che gli uomini siano di nuovo liberi e degni figli della
Creazione. Chiedi perdono, io so che lo concederebbe anche te…”
“Mai… mai… non lascerò mai il mio regno- dissi io fissando il
Nazzareno che iniziava ad avviarsi verso il limite del deserto per seguire il
Giordano verso nord- non lascerò che me lo distrugga…”
Rientrai nel mio Abisso per chiamare il mio Concilio e dichiarare la
battaglia iniziata, mentre mi fratello tornava al Cielo provando pietà per la
mia sconfitta. La mia eterna sconfitta.
Ma io so di avere ragione sugli uomini… io avrò sempre ragione sulla
natura corrotta degli uomini.
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