Padre, se vuoi, allontana da me
questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tu volontà!
Luca,
XXII, 42
Il padrone di quella casa si chiamava Daniele ed era un uomo buono,
abbastanza ricco da poter vivere in una bella casa con la sua famiglia. Il
piano superiore della sua dimora era costituito da un’ampia stanza, con dei
lunghi tavoli e un piccolo forno in cui fu possibile cucinare e servire un
ampio banchetto.
I Dodici si sedettero in quel tavolo, disponendosi senza un ordine
preciso dato che da molto tempo Gesù aveva insegnato che bisogna farsi piccoli
per essere davvero grandi.
“Pietro… vorrei che ci raccontassi della prima volta in cui i figli di
Israele hanno mangiato la Pasqua” disse Gesù prima che la cena fosse pronta.
Pietro trasse un profondo sospiro e iniziò a raccontare: “Accadde
circa milleottocento anni fa. Il nostro popolo, Israele, viveva in Egitto da
circa quattrocento anni e dopo secoli di pacifica convivenza gli Egizi li
avevano ridotti in schiavitù. Il Signore, impietosito dalla loro condizione,
istruì e mandò il profeta Mosè perché comunicasse al Faraone, re d’Egitto, di
lasciare che il nostro popolo si recasse nel deserto per adorare il Signore. Ma
il cuore del Faraone era duro e non voleva che liberare gli Israeliti, così il
Signore mandò nove terribili piaghe sul Paese per costringere il Faraone a
liberare Israele e far capire agli Egizi
che solo il Signore è Dio. Il Faraone però si convinse solo dopo la decima di
quelle piaghe, la più terribile di tutte; l’angelo del Signore passò per
l’Egitto nella forma di un forte vento e sterminò tutti i primogeniti del
Paese, sia tra le bestie che tra la gente. Persino il figlio del Faraone morì.
Ma non morirono i primogeniti degli Israeliti perché Mosè aveva istruito il
nostro popolo: ogni famiglia sacrificò un agnello e ne pose il sangue sulle
travi e i lati delle porte, così lo Sterminatore, vedendo il sangue, passò
oltre senza toccare un solo primogenito di Israele.”
“Hai detto bene Pietro. L’agnello fu sacrificato, la sua carne
mangiata e il suo sangue versato come segno dell’antica alleanza tra Dio e il
Suo popolo. Ciò che fu allora dovrà essere compiuto ancora una volta… e ora,
amici miei, prima che tutto si compia, laviamoci come prescrive la Legge” disse
Gesù prendendo un catino d’acqua e slacciando i sandali a Pietro.
“Signore ma… cosa fai?” chiese Pietro costernato.
“Vi do un esempio di ciò che dovrete fare quando io non sarò più tra
voi” disse lui.
“Maestro, non posso permettere che tu lavi a me i piedi!” insistette
Pietro.
“Se non te li lavo Pietro, non potrai condividere niente con me!”
Il povero pescatore era davvero confuso, sempre con la paura di
deludere il suo Maestro.
“Signore… non solo i piedi dunque ma tutto fin sopra la testa!”
“Pietro… se ti lavassi tutto non avresti più alcun bisogno di me. Per
ora io laverò solo i tuoi piedi, il resto starà a tutti voi.”
Pietro immerse i piedi nel catino e Gesù iniziò a lavarglieli nella
maniera che prevedeva la tradizione.
“Perdonami Maestro… il fatto è che io sono il tuo servo e….”
“Non esiste servo più grande del suo padrone e non c’è allievo più
grande del suo maestro. Ma voi non siete solo servi per me; un servo non
conosce i segreti del padrone. Io vi chiamo amici miei, perché questo è ciò che
siete: io vi ho rivelato tutto di me, io vi ho insegnato i miei segreti nella
maniera che potevate comprendere e questo lo fanno solo gli amici tra loro”
mentre diceva questo, Pietro si rialzava per asciugarsi i piedi e Gesù guardò
Giacomo per poi indicargli il catino.
“Signore… anche a me?” chiese Giacomo.
“A tutti! Amici miei, questa sera io intendo lavare i piedi a tutti
voi!” rispose per poi fare come aveva detto.
Quando il cibo fu pronto si disposero nella tavolata e aspettarono che
Gesù facesse la preghiera della benedizione. Dopo di essa il Maestro prese un
calice e lo riempì con il vino.
“Ho desiderato ardentemente mangiare questa Pasqua con voi amici miei.
Prendete questo calice e bevetene tutti, poiché si avvicina la mia passione e
io non berrò più il frutto della vite finché non lo farò nel Regno del Padre”
disse facendo passare quel calice ad uno ad uno tra gli Apostoli.
Quando il calice fu passato prese del pane e lo spezzò per poi farlo
passare tra i suoi discepoli; “Come sapete, nelle Scritture è stato annunciato
che presto il Figlio dell’Uomo dovrà essere sacrificato come l’agnello che
salvò i primogeniti di Israele nella prima Pasqua. Per lasciarvi un segno
tangibile del fatto che io sarò con voi, anche dopo che sarò andato dove non
potete seguirmi, io vi dico prendete e mangiate di questo pane. Questo è il mio
corpo, offerto in sacrificio per tutti voi.”
Mangiarono, senza comprendere ma fidandosi del loro Maestro. Cenarono
e dopo che ebbero finito, Gesù prese di nuovo il calice, lo benedisse insieme
al vino che conteneva e disse: “Prendete e bevetene tutti, questo è il calice
della Nuova ed Eterna Alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei
peccati.” I discepoli bevvero il vino, mentre egli diceva ancora: “Farete
questo stesso gesto; mangerete il pane e il vino, mangerete il mio corpo e
berrete il mio sangue in memoria di me. Anche dopo che me ne sarò andato, così
saprete che sarò sempre con voi.”
Quella sera i Dodici si sentirono vicinissimi a lui, più che mai.
“Ma in verità io vi dico… uno di voi sta per tradirmi!”
Questo sconvolse gli Apostoli che si guardarono l’un l’altro e alcuni
di loro chiesero al Maestro: “Sono forse io?”
“La mano di colui che mi tradisce è in questo tavolo con me. Tutto
questo è necessario ma… per colui che mi tradisce… sarebbe meglio non essere
mai nato!”
Detto questo guardò l’Iscariota negli occhi. Il Maestro sapeva tutto e
sapeva anche cosa aveva fatto quel discepolo.
“Ciò che devi fare Giuda… fallo presto!” gli sussurrò. Allora Gesù si
alzò, ringraziò il padrone di casa e uscì con gli Apostoli che lo seguivano, mentre
Giuda correva dai capi del Sinedrio che avevano già organizzato un gruppo di
guardie per arrestare Gesù lontano dalla folla, in un posto isolato, mentre
veniva preparato il processo contro di lui.
Mentre procedevano verso il luogo dove Gesù voleva pregare un’ultima
volta, fuori dalle mura della città, Pietro si accostò a Gesù e gli disse:
“Signore, per te, io sono pronto ad andare anche in carcere, anche a morire se
necessario.”
Ci credeva davvero, ma sopravvalutava le sue forze.
“Pietro, in verità io ti dico, che il gallo non canterà prima che tu
mi abbia rinnegato tre volte.”
Salirono sul monte degli Ulivi, il Getsemani. Era suo solito andare in
quel luogo, in mezzo agli ulivi per pregare, anche prima della cena aveva detto
ai suoi discepoli che sarebbe salito sul monte. Era un luogo pacifico e la luna
illuminava gli alberi e una grossa pietra bianca sul terreno poco oltre un
ulivo molto giovane.
Gli Apostoli rimasero un po’ indietro per lasciargli l’intimità della
preghiera.
Era solo, sotto la luce della luna, su quella pietra.
“La mia anima è triste fino a morire…” disse gettandosi sulla pietra.
Pianse, preso dall’angoscia e da una terribile paura per ciò che lo aspettava.
Sapeva che era il suo compito ed era pronto a farlo, fino alla fine, ma essersi
fatto uomo lo aveva anche esposto alle paure del genere umano. Parlò con Dio
chiedendogli forza.
“Padre…. tutto è possibile per te… se possibile, che passi questo
calice senza che io lo beva…. ma sia fatta la Tua e non la mia volontà.”
Quando ebbe detto questo, io apparvi a lui, mi resi visibile in una
forma di uomo per consolarlo. Lui sapeva che per il Figlio sarebbe arrivato
questo momento e mi aveva raccomandato di tenermi pronto per quando avesse
avuto bisogno di me.
“Signore- gli dissi- abbiamo cominciato insieme tutto questo. Tu hai
la forza di portarlo a termine.”
Lui mi guardò: “Sterminatore- mi disse- anche oggi tu assisti al sacrificio
dell’agnello per non dover più mietere vittime…”
“Ne manca solo una Signore… Io ebbi la forza di strappare Amenofi a
questo mondo, ma tu hai l’amore più grande di tutti! Non esiste amore più
grande che dare la vita per i propri amici. Lo hai detto tu, ricordi?”
In quel momento iniziò a sudare sangue che cadde su quel masso ed
entrò in esso. Quella pietra è ancora lì, su quel colle, a Gerusalemme e
testimonia quando il Figlio di Dio fu più umano che mai, prima di compiere il
sacrificio che salvò tutta l’Umanità.
“Arriva- dissi- arriva Giuda con le guardie e i servi del Sinedrio. Ma
se tu lo chiedi ora, il Padre manderà dodici legioni di angeli che io guiderò
per impedire la tua cattura!”
“Taci! Se facessi questo, come si adempirebbero le Scritture? E loro
come sarebbero salvati?” disse lui avviandosi verso gli uomini del Tempio che
si erano radunati. Vidi l’ombra di mio fratello Lucifero che aleggiava su di
loro. Mi prese una grande rabbia, ma il mio Re mi aveva dato un ordine preciso.
Fui di nuovo invisibile ma non lo lasciai. Gli sarei rimasto vicino insieme a
molti altri fino alla fine.
L’Iscariota si fece avanti e baciò sulla guancia il suo Maestro per
indicarlo ai soldati.
“Giuda… con un bacio, tradisci il Figlio dell’Uomo?” gli chiese Gesù
mentre il traditore fuggiva nella notte.
“Siete venuti armati di spade e bastoni come se doveste catturare un
brigante? Perché non mi avete preso nei giorni in cui ero con voi nel Tempio e
per le strade?” chiese mentre i soldati lo afferravano.
Uno dei Discepoli colpì con la sua spada il servo del Sommo Sacerdote
tagliandogli un orecchio.
“BASTA!- gridò Gesù- Perché chi colpisce di spada… perirà di spada!”
Gli Apostoli fuggirono nel buio, le guardie non erano abbastanza per
inseguirli tutti e avevano l’ordine di portare subito Gesù presso il Sinedrio
per farlo giudicare. Prima che lo incatenassero egli pose la mano sulla ferita
del servo del Sommo Sacerdote, che subito fu sanata.
Così lo incatenarono nel nome del Tempio e lo trascinarono via.
Nessun commento:
Posta un commento