giovedì 17 marzo 2016

Racconto di Pasqua XIII

Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande
                                                                                 Luca, VII, 9
Il giovane Plinio era un ottimo cavaliere, gli mancava la bella Puglia, la sua terra, ma era riuscito ad adattarsi bene alla nuova vita che si era costruito in Giudea. Il suo centurione di comando, Cornelio Flavio, era un uomo molto importante e ricco, ma anche davvero generoso. Malgrado la severità tipica di un ufficiale esperto era molto comprensivo nei riguardi dei suoi uomini e della gente che si trovava a governare.
Plinio era determinato a compiere la sua missione e non era difficile trovare quel uomo; tutti ne parlavano, tutti sapevano dove trovarlo anche se un Romano non ispirava molta fiducia a quei Giudei.
Lo trovò alla fine seduto con i suoi uomini sotto un leccio, stava parlando con moltissime persone, ma Plinio non li capiva, stava ancora imparando la lingua di quel popolo. 
Alcuni corsero via quando arrivò, altri si alzarono, Plinio ancora non sapeva chi di loro era colui che cercava, a dire il vero non sapeva nemmeno se fosse lì presente.
"Cerco un certo Gesù di Nazaret" disse Plinio.
"Parlami nella tua lingua" disse un uomo in latino. Si sentiva che era straniero ma Plinio fu lieto di quel colpo di fortuna.
"Mi manda il centurione Cornelio Fabio per chiedere l'aiuto di Gesù. Il centurione ha sentito parlare di lui ed è convinto che possa fargli una grazia; sin da bambino Cornelio Flavio è stato allevato da un servitore, un uomo che lui chiama Seneca. Gli ha insegnato tutto ciò che sa e da sempre lo segue e lo consiglia e il Centurione lo ama come un padre. Purtroppo quel Seneca è malato e nessun medico sembra in grado di salvarlo. Il centurione implora l'aiuto di Gesù per salvare il suo servo."
Questo discorso di Plinio fu tradotto a tutti i presenti. 
Alcuni anziani del popolo, uomini conosciuti e rispettati si misero a parlare con un uomo che stava vicino al leccio, Plinio non poteva sapere che stavano chiedendo al Maestro di concedere quella grazia al centurione che rispettava i Giudei e aveva anche donato loro il denaro necessario per costruire una sinagoga in quel paese.
Quel uomo si rivolse al traduttore che poi disse a Plinio: "Vai dal centurione Cornelio e digli che Gesù sta venendo a guarire il suo servo. Lo condurremo noi alla sua dimora, sappiamo dov'è."
Plinio spronò il suo cavallo verso la villa di Cornelio per dare la notizia. Il vecchio Seneca era ancora vivo, ma non sembrava in grado di superare la notte.
Il gruppo di Giudei era ormai in vista della villa quando Plinio li raggiunse di nuovo con il messaggio più strano che avesse mai ricevuto, fortunatamente l'uomo che aveva già tradotto il suo discorso era presente e poté ancora aiutarlo.
"Il centurione Cornelio mi manda a dire che il Maestro non si deve disturbare ad entrare in casa sua, poiché quella casa non è degna di lui e il suo padrone non è degno di farsi vedere dal Maestro. Il centurione dice che è certo che al Maestro basti dire una parola e il suo servo guarirà. Cornelio mi ha anche detto di riferire che lui capisce queste cose perché anch'egli è sottoposto ad altre autorità e ha degli uomini al suo comando, se dice ad uno di essi "Vai" egli va e se dice ad un altro "Vieni" egli viene, perché sono sottoposti alla sua autorità e perciò le sue parole li muovono. Il centurione chiede che il Maestro, senza discostarsi troppo dalla sua strada, dica una parola che salvi il suo servo, e sarà come quando lui dice ad un suo servitore "Fai" ed egli fa."
Quel Galileo sembrava sbalordito e si rivolse al pubblico dicendo alcune cose che gli altri sembrarono prendere con sorpresa e perplessità. 
Ad un certo punto si rivolse anche a Plinio e l'interprete tradusse: "Il Maestro ha detto che in tutta Israele non ha mai visto una fede grande come quella del tuo centurione e perciò con gioia dice quella parola. Ha detto che puoi andare perché il servo del centurione è guarito."
Plinio si voltò e galoppò velocemente fino alla villa di Cornelio Flavio, giusto in tempo per vedere il centurione abbracciare piangendo il vecchio Seneca che sembrava voler saltare di gioia.


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